Calci, pugni, schiaffi e “trascinamenti a terra” per essere trasferiti dal corridoio alle stanze. È “l’inaccettabile e penoso sistema di vita quotidiano“, come lo definisce il giudice per le indagini preliminari, che hanno dovuto subire alcuni dei 140 disabili, molti dei quali affetti da sindrome di Down e da autismo, ospiti di una struttura riabilitativa di Venosa, nel Potentino, secondo quanto ricostruito dalla procura lucana.
Otto tra educatori e assistenti ai disabili sono finiti agli arresti domiciliari, al termine dell’indagine condotta dai carabinieri su input della madre di un paziente. Dopo aver notato “ematomi e graffi” sul corpo del figlio, la donna si era rivolta al personale dell’istituto di riabilitazione, ricevendo in risposta “sempre spiegazioni evasive e di comodo”.
Il gip ha disposto anche cinque divieti di dimora e hanno sospeso dalla professione un neuropsichiatra e un medico. Uno dei divieti di dimora è stato notificato a padre Angelo Cipollone, dei Padri Trinitari, direttore e legale rappresentante dell’Istituto medico psico-socio pedagogico “Ada Ceschin Pilone”. I reati contestati sono concorso in maltrattamenti, falso ideologico e omissione in atti d’ufficio.
Gli investigatori hanno usato intercettazioni audio-video e telefoniche, hanno ispezionato i luoghi e acquisito documentazione, ascoltato parenti dei pazienti. Oltre alla consulenza di psicologi e psichiatri, che avrebbe rilevato continui maltrattamenti. I pazienti, anche se necessitavano di riabilitazione, venivano trascurati, non venivano condotte attività ricreative e dai video sono emersi episodi in cui hanno subito calci e pugni e sono stati trascinati a terra per le stanze.
Secondo le indagini, c’era una “deliberata indifferenza e trascuratezza” degli educatori rispetto agli “elementari bisogni assistenziali affettivi e riabilitativi dei pazienti”: in un caso, ad esempio, due degli arrestati stavano giocando a carte dando le spalle ai pazienti. Inoltre, dall’esame delle 22 cartelle cliniche sequestrate, è emerso che gli unici due medici della struttura non avevano registrato negli anni l’invio di alcuni pazienti al pronto soccorso per ferite e traumi cranici.