Ieri la terza assoluzione nella vicenda che dal 2014 ha avvelenato gli uffici degli alti comandi dell'aeronautica, avvitandosi sull'idoneità concessa al generale nonostante problemi di cuore che in pieno processo gli causeranno un infarto. Resta la domanda: "Se fosse successo in volo?"
Finisce con tre assoluzioni la cosiddetta “guerra dei generali”, la lotta tra alti papaveri delle forze armate senza esclusione di colpi esplosa nel 2014 e culminata in un processo davanti alla procura militare di Roma che ieri sera ha prosciolto l’ex capo di stato maggiore dell’aeronautica Pasquale Preziosa e due alti generali del suo staff. Erano accusati di aver tramato in vari modi per impallinare l’ascesa del segretario generale alla Difesa Carlo Magrassi ai vertici delle Forze Armate con il benestare di Matteo Renzi. Minacce inutili: Magrassi è diventato prima consigliere militare del premier e poi direttore nazionale degli armamenti.
Preziosa viene assolto così come Gianpaolo Miniscalco e Antonio Di Lella (la sentenza a giugno 2016) che erano accusati di aver fatto indebite pressioni e minacce sul direttore dell’Istituto di medicina aerospaziale (Imas) perché concedesse a Magrassi un “giudizio di non piena idoneità al volo, con esplicita limitazione al cosiddetto ‘doppio comando’: ciò per inibire a Magrassi di ottenere gli alti incarichi a cui aspirava e/o risultava candidato”. Nel 1997, era la motivazione della richiesta, il generale era stato operato alla valvola mitralica. All’epoca uscirono anche dossier anonimi dentro l’arma che squalificavano ulteriormente il generale (è ancora in corso il processo parallelo promosso da Preziosa alla Procura di Roma contro i presunti delatori).
Fondamentale il lavoro della difesa dei tre. In aula gli avvocati (Enrico Tuccillo, Franceco Gala Trinchera, Francesca Paola Petriello e Roberto De Vita) smontano le accuse e depositano il referto di Magrassi che sarà decisivo. Dirimente una circostanza imprevedibile e irreparabile: il 14 maggio il generale è a cena a Firenze e ha un infarto. Si salva solo per la prontezza dei medici che erano allo stesso tavolo e lo hanno tenuto in vita per 50 minuti prima che fosse preso in carico dai sanitari dell’ospedale Careggi. Nell’udienza di fine maggio, la difesa di Preziosa chiede appunto di acquisire il referto medico. E arriviamo al 15 giugno, quando il Gup decide di rinviare a giudizio solo Preziosa, ma di prosciogliere completamente gli altri due imputati. Il pm farà ricorso in Cassazione contro il proscioglimento, ma di fatto l’impianto dell’accusa nei confronti dei due militari è crollato. Restava in carico per Preziosa, che ha avuto sempre un rapporto difficile con Magrassi. Ieri sera l’assoluzione che mette la parola fine alla vicenda che aveva assunto i contorni della spy-story.
Il processo ha permesso di sollevare anche un velo sulla pratica delle licenze di volo “facili” e sul potere di autorizzare o limitare il volo per la sicurezza. Un problema che attiene alla sicurezza con una domanda che rimane sospesa: se l’infarto al generale Magrassi fosse avvenuto in volo? Magrassi, va detto, era abilitato e non volava. Ma anche questo, a ben vedere, può essere un problema almeno sotto il profilo dei costi pubblici. Ogni autorizzazione che viene concessa significa emolumenti che vengono aggiunti agli stipendi. Secondo l’anonimo che veniva prodotto anche nel processo un generale finisce per percepire anche 3mila euro in più rispetto al proprio stipendio. Senza neppure dover decollare.