Il 2 luglio 2013 sparò contro la prima cittadina di Cardano al Campo (Varese) e contro il vicesindaco che lo aveva sospeso. La donna morì dopo 20 giorni in ospedale
Il 2 luglio 2013 sparò contro la sindaca di Cardano al Campo che lo aveva sospeso. Oggi è stata confermata la condanna all’ergastolo per l’ex vicecomandante della Polizia Locale Giuseppe Pegoraro che colpì Laura Prati, morta dopo 20 giorni in ospedale, e ferì anche l’allora vicesindaco, Costantino Iametti. Lo ha deciso la Corte d’Assise d’appello di Milano nel processo di secondo grado bis scaturito dalla sentenza della Cassazione che aveva rinviato a un nuovo giudizio per valutare la concessione delle attenuanti generiche all’imputato. I giudici, presidente della corte Guido Piffer, hanno accolto la richiesta dell’Avvocato generale Nunzia Gatto, che aveva chiesto la conferma dell’ergastolo inflitto in primo e secondo grado, senza attenuanti. “Abbiamo ottenuto giustizia e spero che con con oggi sia finita definitivamente, anche se nessuno mi darà indietro mia madre”, ha detto il figlio della vittima, dopo il verdetto.
“L’unico epilogo possibile di questo processo era l’ergastolo, sono soddisfatto e speriamo che questa sia la parola definitiva”, ha aggiunto il figlio della sindaca, che era in aula assieme al padre e marito della donna, ad altri familiari e al vicesindaco che rimase ferito. La Suprema Corte nella sentenza di rinvio aveva parlato di un “decorso causale complesso” nell’omicidio evidenziando, in particolare, due concause della morte di Laura Prati: la possibilità di un aneurisma pregresso e di una malformazione arteriosa. Il pg Gatto, tuttavia, nel suo intervento ha spiegato che, malgrado la certezza sulle concause della morte, non si poteva sostenere giuridicamente che tali fattori rientrassero nella possibilità di concessione delle attenuanti generiche. Una linea che pare essere stata accolta dalla Corte (le motivazioni tra 15 giorni).
La difesa, invece, che nel merito aveva sempre puntato sull’omicidio preterintenzionale, aveva chiesto, dopo il verdetto della Cassazione, il riconoscimento delle attenuanti con prevalenza rispetto all’aggravante della premeditazione dell’omicidio volontario. Se fosse passata questa tesi Pegoraro, giudicato con rito abbreviato, sarebbe stato condannato a 20 anni e, in pratica, come chiarito dal pg, “tra 5 anni sarebbe uscito dal carcere”.