Thomas Samuel Kuhn, filosofo della scienza di Cincinnati, Ohio, scomparso nel 1996, non avrebbe potuto mai immaginare che la sua teoria più famosa potesse essere oggi evocata per descrivere una nuova situazione politica in un paese tanto lontano da lui. La teoria di Kuhn è quella del “cambiamento di paradigma”, espressa nella sua opera La struttura delle rivoluzioni scientifiche (1962) per descrivere un cambiamento nelle assunzioni basilari all’interno di una teoria scientifica dominante.
E’ proprio quello cui abbiamo cominciato ad assistere – o, meglio, ad ascoltare – con il discorso di insediamento del nuovo presidente della Camera dei deputati, Roberto Fico.
Esponente della base più antica, attiva ed attivista del Movimento 5 Stelle, Fico, in circa 13 minuti di discorso, ha dipinto un vero cambiamento di paradigma della politica italiana che non mi sembra sia stato colto se non deliberatamente ignorato dalla maggior parte dei commentatori.
Il cambiamento espresso il 4 marzo dagli italiani, infatti, non è stato soltanto un rovesciamento dei rapporti di forza tra le varie componenti partitiche del paese, ma – come ha ricordato Fico – sottintende una visione della politica diversa da quella cui ci hanno abituato i partiti negli ultimi 60 anni e che ha precedenti solo nell’immediato Dopoguerra. Non è un caso che il discorso del presidente della Camera sia iniziato ricordando le Fosse Ardeatine e il sacrificio di chi combatté contro il Nazifascismo.
C’è stato un tempo, nell’Italia neorepubblicana, in cui le forze politiche dell’intero arco parlamentare e legiferavano e governavano insieme per realizzare il bene comune, dopo il disastro. Fu un tempo fugace, è vero, ma che oggi potrebbe ritornare con la nuova prospettiva dipinta chiaramente da Fico.
Quando afferma che il Parlamento “deve tornare luogo della fiducia dei cittadini e alla centralità garantitagli dalla Costituzione”, Fico sta dando insieme un sonoro avvertimento a tutti coloro che sono arrivati alla poltrona per farsi gli affari loro o dei propri amici e, contemporaneamente, lancia un appello agli “uomini di buona volontà” perché abbiano uno scatto di orgoglio e rappresentino davvero il popolo italiano e i suoi interessi.
Servire la Nazione grazie alla centralità del Parlamento è anche uno schiaffone al futuro presidente del Consiglio, chiunque sia, ricordandogli che è il Parlamento ad essere sovrano e che il primo ministro è solo la quarta carica dello Stato, dopo Presidente della Repubblica e presidenti delle due Camere.
Un autentico cambiamento di prospettiva politica è quello prefigurato quando Fico ‘giura’ che con lui non ci sarà mai più nessuna prevaricazione del Parlamento con l’abuso di decretazione d’urgenza del Consiglio dei ministri, mai più nessun ‘Canguro’ (il meccanismo anti-ostruzionismo ottenuto varie volte dal Pd), mai più leggi raffazzonate con migliaia di emendamenti, deroghe, estensioni, mai più leggi fatte per avvantaggiare gruppi o persone che non siano i cittadini italiani tutti.
Utopia? Forse, ma lo avevate mai ascoltato un discorso di insediamento più programmatico di questo? Le ricadute politiche possono essere cruciali, soprattutto sul piano etico della condotta in aula. E’ chiaro che con questi principi, non ha senso domandarsi con quale partito fare un governo, ma individuare invece in Aula chi sia disposto a fare cose utili per il bene del paese. Da queste premesse, prefigurare bizzarre alleanze di governo, diventa un giochino per citrulli.
Se il Parlamento fa il suo lavoro bene e per il bene comune, il governo verrà da sé. Una volta accordatisi sulla ‘visione’ di Italia che ci occorre nei prossimi cinque anni, che sia espressione di M5S e Lega o del centrodestra con l’apporto dei 5 Stelle o che pure sia partecipato dai perdenti del Pd, saremo sicuri che opererà per il bene di tutti, perché chiamato ad applicare le leggi fatte da un Parlamento del quale i cittadini si fidano perché sanno che “qui si fanno gli interessi comuni e si realizza la volontà popolare dei referendum”.
Perché i cittadini ritrovino la fiducia in questo Parlamento e in tutte le Istituzioni, occorre che “chi non riesca a vivere una vita dignitosa sia considerato una sconfitta per tutti”, occorre che la politica abbracci la sobrietà e riduca costi e privilegi. E’ questo il cambiamento di paradigma che Fico ha lanciato come un missile nordcoreano: fare di questi propositi un autentico programma di azione.
Le nuove istituzioni appena insediate e il governo che si insedierà dovranno fare i conti con questa potente volontà di cambiamento se non vogliono allontanare ancora altri italiani dal voto e quindi dalla vita democratica. Il 4 marzo 2018 oltre il 27% di loro già non credeva più nella volontà popolare. Sono quasi 14 milioni di persone. Anche loro chiedono un cambiamento di paradigma.