Stalking e lesioni personali gravi. Il giudice – che costringeva le borsiste a mettere la minigonna – va verso il processo. La Procura di Piacenza ha chiesto il rinvio a giudizio per Francesco Bellomo, consigliere di Stato destituito, e Davide Nalin, pm di Rovigo sospeso dal ruolo. Gli inquirenti hanno scoperto in mesi di indagini che per frequentare i corsi per diventare magistrato le dottorese in giurisprudenza venivano sottoposte a umiliazioni e richieste degradanti, che hanno leso anche la loro integrità psicologica.

Per frequentare il corso esistevano delle regole: la clausola del fidanzato, divieto di matrimonio e obbligo di minigonne – “fino a un terzo della distanza dall’anca al ginocchio per le occasioni mondane” – scelta meticolosa delle calze e della marcatura del trucco. Una totale sottomissione al docente. Una delle vittime ascoltate ha raccontato che dopo averlo informato  di non voler proseguire Bellomo le mandò un messaggio in cui scriveva che l’unica possibilità per evitare conseguenze era “che facessi atto solenne di sottomissione inginocchiandomi e chiedendogli perdono”. La richiesta è firmata dai pm Roberto Fontana e Emilio Pisante al termine delle indagini per la vicenda della 32enne piacentina che si era rivolta alla magistratura, dopo un esposto del padre, per denunciare il comportamento durante la partecipazione alla scuola di formazione “Diritto e Scienza”.

I pm piacentini, nell’atto di cui danno notizia quotidiani nazionali e locali, argomentano in modo capillare una vicenda che si basa su diverse deposizioni di altre ragazze ascoltate dalla squadra mobile di Piacenza in questi ultimi mesi, da quando cioè è emerso il caso degli atteggiamenti tenuti in particolare da Bellomo nei confronti delle ragazze che, per ottenere un contratto di borsa di studio, avrebbero sottostato a vincoli pressanti di natura personale, come il divieto di sposarsi pena l’espulsione dal corso diretto dal consigliere oppure il famigerato dress cod’ fatto di tacchi alti e minigonne. Un “addestramento“, un controllo sulla vita privata, anche e soprattutto sentimentale, con ricatti e regole talmente rigide, spesso dirette – secondo i magistrati piacentini – a soddisfare le sole pretese dello stesso Bellomo, ma che hanno portato la studentessa piacentina ad ammalarsi a causa di un gravissimo stato di stress e ansia.

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