FATTO FOOTBALL CLUB (SPECIAL EDITION)- L'eliminazione dai mondiali non ha insegnato nulla. Il calcio italiano è ancora ostaggio del solito giochino del cambiare tutto per non cambiare niente: non c'è un vero ct, non c'è un presidente federale, non c'è un'idea di progetto. Dalla Svezia a oggi, tutto tempo perso
Una sconfitta netta con le riserve dell’Argentina, che contro di noi sembravano fenomeni ma poi dopo due giorni sono state umiliate dalla Spagna (è vero che i sillogismi non funzionano nel pallone, ma il 6-1 rifilato dalle Furie Rosse fa un po’ capire i reali valori degli avversari). Poi un pareggio stentato contro l’Inghilterra, arrivato a tempo scaduto e grazie a un rigore generoso del Var, buono solo per salvare la faccia. Ma il punticino di Wembley non illuda nessuno (tantomeno il ct pro tempore Di Biagio: il suo ciclo deve finire prima di cominciare): l’Italia va rifondata. E dopo l’allenatore Ventura e il presidente Tavecchio, protagonisti della disfatta Mondiale, adesso bisogna cambiare pure i giocatori. Alla vigilia lo avevamo pensato un po’ tutti, visti i presupposti, e il campo non ha fatto altro che confermarlo: la sosta del campionato e la doppia amichevole di lusso sono state solo tempo perso. Due partite programmate quando pensavamo ancora che ci saremmo qualificati per la Russia, e diventate perfettamente inutili dopo l’eliminazione. Potevano essere l’occasione per avviare il nuovo ciclo, invece ci siamo arrivati nella maniera sbagliata, con una Federazione nel caos (il commissariamento è in alto mare) e un traghettatore anonimo e inadatto in panchina.
Abbiamo sfigurato senza affondare, contro due nazionali più forti che hanno preso le amichevoli per quello che erano, facendo esperimenti, provando tattiche e uomini diversi. Noi, invece, eravamo al gran completo: c’erano proprio tutti, anche quelli che non avrebbero dovuto esserci. Abbiamo affrontato queste sfide non come l’inizio di una lunga rifondazione ma come le partite della vita. Ed in effetti lo erano. Almeno per l’inadeguato Di Biagio, catapultato da un possibile esonero in Under 21 (dove era difficile far peggio) alla nazionale maggiore. Non c’erano alternative, si dirà. E magari è anche vero. Ma qualcuno gli ha persino dato la speranza di essere confermato in caso di risultato positivo. E lui giustamente – mettetevi nei suoi panni – si è giocato l’occasione della carriera, senza grandi risultati. L’Italia, invece, ha perso altri due mesi di tempo.
Se mai ce ne fosse bisogno, il campo ha chiarito alla coppia di commissari Fabbricini-Costacurta che la nazionale ha bisogno di un vero ct. Chiunque sia, però, da Mancini ad Ancelotti a Conte, non deve ricadere negli errori del passato. Non lasciarsi tentare da scelte comode, affidandosi ad un usato più o meno sicuro per tirare a campare. L’unica, vera colpa di Di Biagio, infatti, è aver sbagliato tutto nelle convocazioni. Siamo stati giorni a discutere della presenza di Buffon, un caso unico e inimitabile per la sua carriera, ma non è lui il problema di quest’Italia. Le scelta senza senso sono altre: Parolo, Chiellini, Candreva, alla vigilia si era parlato persino di Barzagli (che però ha avuto il coraggio di farsi da parte) e De Rossi (su cui invece ancora una scelta definitiva non è stata presa). Tutti ultra 30enni che difficilmente potranno far parte del gruppo azzurro ai prossimi Europei: servono magari oggi per portare a casa qualche risultato, invece la nazionale deve pensare al domani.
Se l’eliminazione con la Svezia è stata il punto più basso della nostra storia calcistica, bisogna fare tabula rasa e ripartire da zero, pensando non ai prossimi due mesi ma a Euro 2020, l’Europeo che avremo la fortuna di giocare (parzialmente) in casa, con l’obiettivo principale dei Mondiali 2022. Tutte le scelte devono essere fatta a lungo o lunghissimo termine, a maggior ragione in un contesto che produce poco o nulla come talenti: basta over 30, puntiamo sui giovani anche se ora sembrano acerbi (e magari lo sono per davvero); l’unica speranza è costruire un gruppo giovane che cresca insieme con un’identità precisa di squadra. E che intanto il campionato faccia il resto. Magari perderemo qualche inutile amichevole in più, ma inizieremo quel difficile rinnovamento di cui tutti si riempiono la bocca senza voler fare i sacrifici che servono. L’anno zero del pallone italiano non può essere solo una frase fatta.