In India le mucche sono sacre, tanto che è vietata la macellazione e, addirittura, c’è chi ne beve le urine. In Calabria, nonostante nessuno beva la pipì delle mucche, queste sono protette allo stesso modo perché, dicono gli inquirenti, rappresentano in un certo senso il potere della ‘ndrangheta.
È di questi giorni la notizia che dopo 40 anni di strapotere bovino, una trentina di esemplari sono stati catturati dallo Stato. Nessuno di questi animali ha un proprietario vero e proprio, si sa soltanto che non possono essere toccati. In diversi comuni della Piana di Gioia Tauro e della Locride, per tutti questi anni i cittadini hanno dovuto subire in silenzio, rischiare anche la vita di fronte ad incidenti con gli animali che dalla montagna arrivano fino in strada, provocando molti scontri. E non solo, c’è chi si trova con il proprio orto distrutto o con il terreno in uso ad animali non suoi e deve comunque stare zitto, perché anche se i bovini non hanno segni di appartenenza ben evidenti, se ci si ribella si può pagare con la vita. Come è accaduto nel 2005 a Fortunato La Rosa, ucciso a Gerace, dopo aver denunciato l’invasione delle vacche sacre nei suoi terreni di Canalo.
L’origine della sacralità di questi animali è da ricondurre ai primi anni 70, durante la Faida di Cittanova (Reggio Calabria) tra i Facchinetti e i Raso, per questioni di pascolo, a quanto si dice. E siccome le due cosche sono state decimate, un po’ per i morti ammazzati un po’ per gli arresti, i loro animali sono rimasti abbandonati a se stessi e da quel momento i bovini hanno il rispetto di tutti. Ma anche a Polsi, dove il 2 settembre di ogni anno tutti i calabresi si recano a fare visita al Santuario della Madonna della Montagna nel giorno della sua festa solenne, i fedeli portano in chiesa proprio una vacca per beatificarla. Polsi è anche il luogo dove i boss della ‘ndrangheta – come è stato documentato dagli investigatori – si incontrano per prendere delle decisioni importantissime per l’organizzazione criminale. Dopo che si sono accesi i riflettori su questo luogo probabilmente i summit dei mafiosi si svolgono altrove, ma resta nella cultura locale, la venerazione per quel Santuario e per quel luogo carico di mistero e potere.
La questione vacche sacre mette in luce il predominio della ‘ndrangheta che, anche attraverso i bovini, deve dimostrare chi comanda. Una ‘ndrangheta capace di essere presente nel mondo della politica e nel traffico internazionale di stupefacenti e tuttavia punta ancora, in Calabria, al radicamento territoriale. Per questo forse non abbandona i riti di affiliazione e le usanze antiche, come le riunioni annuali in luoghi simbolo. Conquistandosi con la violenza e la prevaricazione il silenzio della gente può muoversi indisturbata e esserci nella vita quotidiana di ciascuno, determinandone le scelte.
C’è però chi si ribella e dice no. Come il comitato “No bull” che ha posto anche altri temi, ovvero possibili casi di macellazione abusiva o altri reati. Ma soprattutto l’incolumità della salute pubblica. Perché, in effetti, come spiega il portavoce del comitato, Domenico Antico, ci sono stati “40 anni di lassismo da parte delle istituzioni”. E se ci fossero pure state frodi comunitarie? Saranno le indagini a chiarirlo.
Per ora il segnale che è arrivato al territorio è comunque importante. Il prefetto Michele Di Bari ha assicurato che gli “interventi proseguiranno con maggiore intensità e saranno estesi a tutti i territori a rischio”. La speranza è che si possa tornare a guidare per le strade della Piana e della Locride senza la paura di scontrarsi con una vacca sacra.
Foto tratta da un servizio de Le Iene del 26 ottobre 2015