L’ex ad di Consip Marroni lo ribadisce davanti ai magistrati e allo stesso Lotti: fu lui, tra gli altri ad avvisarlo delle cimici nel suo ufficio. Ma Lotti, in serata, nega la notizia diffusa dall’Ansa ribadendo la propria estraneità all’addebito e negando che si sia fatto ogni riferimento alle microspie. È durato due ore e resta ostaggio di versioni discordanti l’atteso confronto all’americana tra il ministro dello Sport e l’ex amministratore di Consip Luigi Marroni. Come anticipato dal Fatto Quotidiano, la procura aveva intenzione di sentire il fedelissimo di Matteo Renzi e anche il padre. Un confronto tra Lotti, indagato per rivelazione del segreto d’ufficio e favoreggiamento, era già avvenuto a luglio e aveva negato ogni addebito. Marroni ha continuato a confermare la sua versione dei fatti ovvero di come fu informato di un’indagine in corso (leggi l’articolo di M. Lillo). L’interrogatorio dell’indagato e del testimone si è svolto nella sede dei Carabinieri di via In Selci a Roma. A quanto apprende il Fatto Quotidiano Marroni avrebbe nuovamente confermato ma Lotti, dal canto suo, avrebbe ribadito la sua completa estraneità e negato che nel confronto Marroni abbia fatto riferimento alle cimici.
La Procura aveva chiesto a gennaio una proroga di indagine proprio su Lotti e gli altri: tra cui il generale dei Carabinieri Emanuele Saltalamacchia, l’imprenditore Carlo Russo, il comandante dell’Arma Tullio del Sette. Nel dicembre del 2016, infatti, Marroni aveva raccontato ai carabinieri del Noe e ai pm partenopei che Lotti, Saltalamacchia e il presidente di Publiacqua Firenze, Filippo Vannoni, gli avevano rivelato l’esistenza di una indagine sui vertici della società oltre che la presenza di cimici nel suo ufficio. Marroni è stato protagonista ieri di un altro confronto all’americana quello con Saltalamacchia durato circa un’ora.
Prima delle prossime festività sarà invece depositata davanti ai giudici della Suprema Corte, l’impugnativa scritta dal procuratore aggiunto, Paolo Ielo e dal sostituto Mario Palazzi, contro la decisione del Riesame che ha fatto cadere l’interdizione dal servizio per Scafarto, indagato per alcune ipotesi di falso in atto pubblico, un episodio di rivelazione del segreto d’ufficio e uno di depistaggio. Nell’impugnazione la Procura intende ribadire che la condotta dell’ufficiale dell’Arma è stata dolosa. Per il tribunale della Libertà, invece, quanto contestato a Scafarto dalla procura, in relazione alla sua attività di indagine su Consip quando era al Noe, “non è una chiara dimostrazione del dolo” in quanto le “evidenze istruttorie – scrivono nelle motivazioni – consegnano invece una realtà diversa che induce a propendere per l’errore involontario che l’esperienza giudiziaria permette di riscontrare quotidianamente nelle informative di pg”. Intanto ieri è tornato libero Alfredo Romeo, figura-chiave della maxindagine di Roma, su disposizione della I sezione del tribunale di Napoli davanti alla quale il 10 aprile prossimo comincerà il processo a Romeo e al suo collaboratore Ivan Russo, accusati di corruzione.