Per la procura di Roma, anche quella generale è mafia. Come già ribadito nel corso della requisitoria nell’udienza del 20 marzo gli uomini del Mondo di mezzo, capaci di infiltrare le istituzioni romane, rappresentano un’associazione mafiosa. Non stupisce quindi che le richieste in appello non si discostino che di pochi mesi da quelle del processo di primo grado.
L’accusa, nella parte finale delle richieste sostenuta dal procuratore generale Antonio Sensale, ha chiesto 26 anni e mezzo per Massimo Carminati e 25 anni e 9 mesi per l’ex ras delle cooperative romane Salvatore Buzzi per associazione a delinquere di stampo mafioso. “Chiediamo di ripristinare il 416bis nelle forme pluriaggravate nelle quali viene contestato. Riteniamo sussistente l’articolo sette per le estorsioni e gli episodi corruttivi contestati” ha detto il magistrato.
In primo grado Carminati e Buzzi sono stati condannati rispettivamente a 20 e a 19 anni di carcere per associazione a delinquere senza l’aggravante mafiosa e detenuti dal dicembre del 2014. In quella occasione la Procura aveva chiesto condanne maggiori: 28 anni per Carminati e 26 anni e 3 mesi per Buzzi. L’ex ras delle cooperative romane, detenuto a Tolmezzo, e l’ex Nar, in carcere a Milano, hanno assistito all’udienza collegati in videoconferenza. “Massimo Carminati è un boss, così lo chiamano i criminali nelle intercettazioni, riconoscendolo come capo, obbediscono a lui perché riconoscono il suo potere criminale” ha detto il procuratore aggiunto Giuseppe Cascini nella sua requisitoria. “I testimoni e le vittime delle intimidazioni quando sono venuti a riferire in aula, hanno avuto paura a parlare” ha aggiunto Cascini. Alla sbarra ci sono 43 persone, per 19 dei quali la procura di Roma contesta l’associazione di stampo mafioso, accusa non riconosciuta nel processo di primo grado. In totale le condanne emesse dalla X sezione penale del tribunale capitolino ammontavano a 287 anni di carcere per 41 imputati. Cinque persone furono assolte.
Il pm Luca Tescaroli aveva voluto sottolineare il carattere anche intimidatorio dell’organizzazione: “Non serve solo il controllo del territorio. Questa è una storia di corruzione che è di per se un veicolo criminogeno – aveva spiegato – Si convince chi prova a resistere, si passa sopra a tutti gli altri. non va dimenticato che contiamo 11 episodi di violenza od intimidazione. È la dimostrazione che se non si rispettavano le regole il sodalizio entrava in azione. Con le cattive”. Durante una delle scorse udienze dell’appello, invece, Giosuè Naso, legale di Carminati, è tornato a minacciare il giornalista dell’Espresso Lirio Abbate. “Ripeto ciò che ho già detto in primo grado: questo è un processetto, mediaticamente costruito in una certa maniera per condizionarvi, anche con le inchieste del giornalista Lirio Abbate, che io ribattezzato Delirio Abbate“, aveva detto il difensore del Cecato.
Nell’aula bunker di Rebibbia, la Procura generale ha poi chiesto condanne a 24 anni per Riccardo Brugia, 18 anni per Matteo Calvio, 17 anni e mezzo per Paolo Di Ninno, 16 anni e 10 mesi per Agostino Gaglianone, 18 anni e mezzo per Luca Gramazio, 17 anni per Alessandra Garrone, 14 anni e mezzo per Franco Panzironi. Ai giudici della Corte d’Appello di Roma, il pg ha inoltre chiesto 13 anni e mezzo per Nadia Cerrito, 15 anni per Carlo Maria Guaranì, 16 per Cristiano Guarnera, 16,2 per Giuseppe Ietto, 19 per Roberto Lacopo, 14 anni e mezzo per Carlo Pucci, 21 anni e mezzo per Fabrizio Franco Testa, 16 anni per Rocco Ruotolo e Ruggiero Salvatore. Sottoposte infine al vaglio della Corte le pene concordate con Odevaine (5,2 anni di reclusione) e con Claudio Turella (6 anni).