“Non basta dire ‘tocca a loro'”. “Con i 5 stelle il dialogo è doveroso”. “Tutti rinuncino al potere di interdizione dentro il partito”. I malumori che solo fino a ieri trapelavano in qualche retroscena sui movimenti dentro il Pd, ora il ministro uscente Andrea Orlando decide di esplicitarli in un’intervista al Corriere della sera. Dove, per la prima volta, si parla di un dialogo con il Movimento 5 stelle. La rottura con la linea dell’opposizione a tutti i costi, imposta dall’ex segretario Matteo Renzi e condivisa dalla direzione post voto, è netta. Ma ancora non basta per superare lo stallo. Solo ieri Orlando e il collega Dario Franceschini avevano chiesto che i gruppi parlamentari si rivedessero prima dell’incontro al Colle per rivedere la linea, ma l’ipotesi non è stata nemmeno presa in considerazione. E oggi, il neocapogruppo alla Camera Graziano Delrio, oltre ad aver dichiarato di non essere disponibile a candidarsi per la segreteria, ha ribadito che per i dem la via è quella dell’opposizione: “Non si è aperta nessuna discussione sulla linea da tenere”, ha detto intervistato al Gr1. “Si è aperta una discussione su come bisogna svolgere questo ruolo. E’ una discussione legittima e la faremo dopo le consultazioni”. Anzi, Delrio sottolinea che “pesa soprattutto il fatto che non si sia tenuto conto, da parte di centrodestra e Movimento Cinque Stelle, della volontà popolare. C’è un’occupazione di posti che non ci aspettavamo. Si poteva partire con il piede giusto, invece si è partiti con il piede sbagliato“. E, per finire l’arco delle varie gradazioni, si segnala l’uscita del capogruppo al Senato Andrea Marcucci, renzianissimo: “Il Pd non sosterrà mai nessun governo del M5s, nessun governo Lega-Cinque Stelle – scrive su facebook – La linea che porteremo la prossima settimana al Colle è quella votata praticamente all’unanimità in direzione: il Pd in questa legislatura starà all’opposizione. Se qualche dirigente vuol cambiare posizione, lo dica chiaramente. Non vedo l’ora che giuri un governo Di Maio-Salvini. Loro hanno il diritto dovere di governare, noi non gli faremo sconti”.
Nel frattempo Orlando insiste. Nell’intervista al Corriere, parla molto duramente della situazione dentro il partito. “Prendere atto”, dice, “delle distanze che separano la nostra visione politica e istituzionale da quella delle forze premiate dal voto non equivale a esprimere una linea politica. Il quadro emerso dalle urne non ci consente di realizzare il nostro progetto da soli o in alleanza. Questo non ci esime dall’indicare le nostre priorità. Proporre un’agenda sociale al Paese, altrimenti la nostra posizione sarà subalterna e chiusa nel palazzo”. E in merito al dialogo con i grillini, spiega: “Accordi con i 5 stelle? Per quanto mi riguarda un conto è il dialogo, che è doveroso con una forza che ha raccolto un terzo dei voti, un conto sono le alleanze, che non vedo percorribili. Più che di questo tuttavia mi preoccuperei del dialogo con il Paese, che non si costruisce solo con un posizionamento tattico”. Sull’influenza di Renzi, e sul ruolo svolto nella scelta dei capigruppo in Parlamento (i renziani Delrio e Marcucci), commenta: “La scelta della reggenza è stata fatta dalla maggioranza, a noi è stato chiesto di sostenerla per spirito unitario. Lo stiamo facendo e spero che tutti consentano a Martina di svolgere in modo autonomo il proprio ruolo, rinunciando a un potere di interdizione”.
Orlando torna a spingere per rivedere la posizione di astensione. “Dire no all’assemblea è stato un errore. La salita al Colle è la prima occasione nella quale il Pd può parlare agli italiani oltre che al Capo dello Stato e dire che tipo di opposizione vogliamo fare alla eventuale nascita di un governo giallo-verde. Se è ineluttabile, dobbiamo decidere se gli facciamo una opposizione da destra o da sinistra”. Secondo Orlando davanti al Pd ci sono due strade: “Il rischio più grande per il Pd è smarrire la sua funzione. Non abbiamo molto tempo e io vedo due strade. Attendere l’eventualità che Forza Italia sia dilaniata dall’opa di Salvini e capitalizzare l’uscita di parte di quell’elettorato, oppure provare a recuperare i milioni di voti popolari andati a Lega e 5 Stelle. Le due strade sono incompatibili. Io credo si debba seguire quella che evita che una parte dell’elettorato di sinistra sia consegnato a forze antisistema”.
Orlando arriva infine anche a criticare la linea tenuta dal partito nell’elezione di vice e questori, durante la quale non si è voluto dialogare con nessuno. “Il Pd indubbiamente è rimasto frenato dall’idea sbagliata che interloquire sulle presidenze fosse aprire la strada a una interlocuzione sul governo”.
Le dichiarazioni pubbliche si mescolano ai retroscena del dietro le quinte. Secondo Repubblica, per esempio, non c’è solo Orlando a spingere per aprire vie di dialogo ufficiali (a parte quelle sotterranee che non si sono mai interrotte), ma il cerchio si allargherebbe a degli insospettabili, proprio tra coloro che in questi anni hanno sostenuto e lavorato al fianco di Matteo Renzi. Franceschini, sì, ma anche il presidente del Consiglio dimissionario Paolo Gentiloni, che ovviamente in questa fase – per il suo ruolo istituzionale – non può esporsi troppo. La posizione, naturalmente, è quella di una “linea istituzionale” e tutto questo si tiene con la corrente del Pd che vuole dimostrare maggiore disponibilità nei confronti di eventuali richieste di “soccorso” da parte del Quirinale. Dall’altra parte c’è la trincea di Renzi, il più convinto dell’Aventino, tanto da essere tentato di forzare la mano e cercare di far eleggere Graziano Delrio come prossimo segretario a tempo attraverso l’assmblea che ora è finita in agenda al 22 aprile (ma sempre con un forse). La linea è ben esemplificata ancora dalle parole di Marcucci: “Come facciamo a intavolare una discussione con loro che dicono che è tutto da smontare? Con M5S e Lega al massimo possiamo prendere un caffè di cortesia“.