Salzburg Easter Festival, il palcoscenico del mondo, come dicono. Per la madre di tutte le prime volano da ogni angolo d’Europa, principi, celebrities, melomani per caso o per social aspirazione e adulatori. Una volta aprivano i loro castelli le più antiche famiglie della mitteleuropa imperiale adesso il nuovo feudatario è il gallerista Thaddaeus Ropac, tra i più apprezzati influencer dell’arte contemporanea. È lui ad invitare nel suo chateau in stile neo/classico con spalmata di giardini all’italiana il tris d’assi formato dalla socialite Bianca Jagger, l’archistar Norman Foster, con moglie e figli al seguito, e l’eccentrica principessa Gloria von Thurn und Taxis. Michael Berger-Sandhofer, aristocratico austriaco, di bella presenza, è il suo vicino di casa e di lavoro fa il cerca/collezionisti per Sotheby’s, la casa d’asta londinese. Si, perché anche la Grande Opera ruota intorno all’arte contemporanea brandizzata (come fosse una griffe di moda) non si viene solo per gli acuti spaccatimpani ma per tutto il resto, per accaparrarsi le novità sul mercato (più costano e più devono essere attraenti), per vedere e, sopratutto, per farsi vedere.
Da Michael, Michi per gli intimi, nelle scuderie ristrutturate del suo maniero, il dress code per il lunch pre-opera è corsetti strizzatette e grembiuli per le signore, per i maschietti lederhosen che sono le braghe al ginocchio con pettorina in corna di cervo, calzettoni con ponpon dondolante e in testa cappello loden piumato. Il menù ha un tocco bavarese, barili di birra e wiener schnitzel, che noi, rivendicandone la paternità, chiamiamo cotolette alla milanese. Il tralalà mondano comincia alle sette in punto all’Opera House, 2400 posti. Tutto esaurito da mesi. In prima fila un biglietto costa 490 euro, a meno che non siano gli sponsor principali a invitare. Si dividono una spesa annuale che comprende anche il Summer Festival di 17 milioni di euro. Per confezionare l’ambaradan festivaliero che costa una settantina di milioni all’anno interviene il comune di Salisburgo comprendo un 30% della spesa. Il resto ce lo mettono gli sponsor minori, che sono oltre un centinaio, alcuni preferiscono l’anonimato anziché avere il proprio nome sbandierato sulle locandine. Come sono chic questi signori della Mitteleuropa. Si respira aria frizzante svizzera al dopo/prima: le pareti sono ricoperte da gigantografie di vette, pascoli e laghetti in stile Heidi e l’anfitrione della cena superplacé è Vontobel, una boutique bank che gestisce i patrimoni dei paperoni di mezzo globo.
The Salzburg Easter Festival, fondato nel 1967 dall’insigne direttore d’orchestra Herbert von Karajan, divenne il suo gioiellino e i veri conaisseur lo preferiscono al caravanserraglio estivo. Comunque il Festival di Salisburgo rimane una macchina per far soldi, imbattibile, inimitabile. Mentre da noi, dal Festival di Ravello a quello di Spoleto passando per l’Estate da re alla reggia di Caserta si fatica a trovare due spiccioli. La Grande Crisi ha dato l’ultimo colpo mortale e nella cultura nessuno investe più. Anche gli austriaci si fanno i conti con la crisi, ma sono fatti di altra pasta e capitalizzare il patrimonio culturale è una questione d’orgoglio nazionale.
Silenzio, si alza il sipario. Va in scena la Tosca, melodramma allo stato puro, una delle opere più popolari di Giacomo Puccini. Questa volta in versione thriller. Si comincia con una sparatoria in un sotteraneo urbano. Il “Vissi d’arte vissi d’amor”, rimane sempre l’affascinante ritratto di una donna che ha consacrato anima e corpo all’arte e all’amore, ma la troppo realistica “crime story”, qui è completa di tortura, tradimento, molestie sessuali (l’antagonista Scarpia è viscido quanto Harvey Weinstein) e perfino di un accenno alla pedofilia (cosa c’entra?) Alla fine un troppo visionario regista arma una schiera d’adolescenti che sparano sul prigioniero Cavaradossi. Un brusio, il pubblico è disturbato da tanta gratuita crudeltà. Qualcuno rimpiange Pavarotti e la Callas, visto anche l’età del giurassico parterre. Shhhhhhh, siamo a Salisburgo, vietato fischiare.