Cronaca

Bologna vieta la vendita dei gadget fascisti. Il commerciante: “Andrò a venderli altrove. Mussolini batte Stalin sul mercato”

Stop alla vendita di accendini con l’effige del Duce, calendari, busti e souvenir di Mussolini, via da banchi di fiere e mercati svastiche, croci celtiche e oggetti che rimandano a fascismo e nazismo. Il 26 marzo scorso il Comune di Bologna ha approvato una delibera che stringe le maglie dei suoi regolamenti per impedire sia la concessione di spazi e sale comunali a formazioni neofasciste sia l’esposizione e la vendita di memorabilia di estrema destra fabbricati in epoche storiche successive al ventennio fascista. Nel mirino anche i mercatini dove, fino alla scorsa settimana, era facile trovare un vasto assortimento di gadget per i nostalgici del nero.

A pochi giorni dall’introduzione del divieto – passato con i voti di Partito Democratico, Città comune, Movimento 5 stelle, Coalizione civica, contrari Lega Nord e Forza Italia – medagliette e portachiavi nazi-fascisti sono spariti dai banchetti del mercato del giovedì di piazza VIII agosto. “Ho tolto tutto per non avere problemi con il Comune – dice Giorgio Francia, commerciante – Ma non lo trovo giusto, perché la mia è pura vendita, non ha nulla a che vedere con l’apologia. Pazienza, li venderò altrove, del resto questo divieto vige solo a Bologna”. Del Ventennio, sotto gli occhi dei clienti, rimangono solo i cimeli, cartoline, tessere di partito, quaderni dei piccoli Balilla, libri: “Questi posso continuare a venderli perché sono reperti storici, e la storia non si cancella. Qualche anno fa dei ragazzi dei centri sociali chiamarono la polizia perché avevo esposto una bandiera sventolata quando Hitler venne in Italia”, continua Francia mentre mostra qualche ritratto di Stalin e le tessere del partito comunista portoghese. “Io non sono né di destra né di sinistra, vendo quello che mi chiedono. Sicuramente c’è più richiesta di oggettistica fascista. Mussolini avrà pur fatto qualcosa di buono se c’è chi ancora lo compra”.

“Bologna è città medaglia d’oro alla Resistenza, e deve essere chiaro che il fascismo non appartiene alla cultura democratica e la vendita per fini commerciali non può essere una giustificazione”, puntualizza l’assessore alla cultura Matteo Lepore, augurandosi che la legge Fiano (che introduce nel codice penale il reato di propaganda fatta tramite i simboli del fascismo) già passato alla Camera venga approvata dal prossimo Parlamento. Sulla novità introdotta dal Comune, “quando il buon senso non basta serve la legge”, commentano dal mercatino acquirenti e commercianti, “va benissimo in questo momento storico di fronte all’ascesa delle destre e del razzismo”. Ma c’è anche chi parla di anacronismo perché “è passato troppo tempo dal fascismo e chi oggi compra quei gadget non ha niente a che vedere con quel periodo”, e allora “sarebbe giusto togliere anche le effigi di Stalin e di tutti i Paesi comunisti”. “La libertà di pensiero c’è, ma non vendere souvenir di quel genere è anche una questione di rispetto verso chi passa e può avere avuto dei morti dal fascismo. In fondo si possono vendere milioni di altre cose”