A incoronare il presidente è meno della metà degli aventi diritto: l'affluenza, unico dato dubbio di questo turno elettorale, è al 41,5%. In pratica la maggioranza degli elettori non ha votato. Una vittoria per l'opposizione egiziana, che aveva chiesto il boicottaggio del voto, descrivendolo come una "farsa". Il Quirinale si congratula e cita il caso del ricercatore italiano ucciso al Cairo
Un plebiscito a metà. Anzi meno. E una richiesta che arriva dal nostro capo dello Stato: ora verità su Giulio Regeni. Sergio Mattarella decide di citare il ricercatore ucciso al Cairo nel 2016 nel suo messaggio di congratulazioni inviato ad Abdel Fattah Al Sisi. Il presidente dell’Egitto ha infatti vinto le elezioni con il 97% dei voti. Alle urne, però, è andato meno di un egiziano su due. Lo riferisce il direttore dell’Autorità nazionale per le elezioni, Lasheen Ibrahim, specificando quello che era l’unico dato dubbio di questo turno elettorale: l’affluenza ferma al 41,5%. A incoronare il presidente, dunque, è stata meno della metà degli aventi diritto: in pratica la maggioranza degli elettori non ha votato. Una vittoria per l’opposizione egiziana, che aveva chiesto il boicottaggio del voto, descrivendolo come una “farsa“.
Poco importa. Alla fine di un turno elettorale lungo tre giorni – dal 26 al 28 marzo – Al Sisi conquista comunque un secondo mandato quadriennale. L’autorità elettorale nazionale aveva fissato una conferenza stampa alle ore 15,00 (13,00 Gmt) per dichiarare il vincitore. L’unico sfidante di Al Sisi era Moussa Mostafa Moussa, un politico poco conosciuto la cui candidatura dell’ultimo minuto è stata ritenuta “simbolica” e finalizzata a conferire credibilità alle elezioni. Già i risultati preliminari avevano assegnato più del 90% dei voti al presidente uscente, che alla fine ha ottenuto lo stesso risultato di quattro anni fa: anche nel 2014 venne eletto con circa il 97% dei consensi.
A risultato ufficializzato, quindi, ecco che il Quirinale ha inviato il messaggio del presidente della Repubblica. “Desidero farle pervenire le mie felicitazioni per il suo nuovo mandato alla presidenza della Repubblica araba d’Egitto. Confido che nel corso dei prossimi anni l’Egitto potrà realizzare importanti riforme e progressi in campo politico, economico e sociale, secondo le aspettative dell’amico popolo egiziano. L’Italia, come sempre, non farà mancare il suo sostegno”, si legge nel messaggio del capo dello Stato, pubblicato sul sito dell’ambasciata italiana al Cairo. Poi Mattarella interviene sulla questione Regeni. “Abbiamo accolto con favore – dice – le dichiarazioni da lei fatte in più occasioni circa l’impegno suo personale e delle istituzioni egiziane a pervenire a risultati definitivi sulla barbara uccisione di Giulio Regeni. Sono certo che il raggiungimento della verità, attraverso una sempre più efficace cooperazione tra gli organi investigativi, contribuirà a rilanciare e rafforzare il rapporto storico di assoluto rilievo tra i nostri paesi”. Era il 9 novembre 2017 quando il ministro degli Esteri Angelino Alfano aveva annunciato il ritorno dell’ambasciatore italiano al Cairo.
La decisione di riaprire le relazioni diplomatiche con l’Egitto era stata contestata dalla famiglia di Regeni, che ricordava come la Procura generale egiziana si fosse impegnata a ‘proseguire le indagini, sulla base anche delle ipotesi investigative formulate dai magistrati italiani’“. Da allora – continuava la famiglia del ricercatore– “non è stata registrata in realtà nessuna ‘reazione’ da parte della magistratura egiziana sulla informativa italiana che ricostruisce le precise responsabilità di nove funzionari di pubblica sicurezza egiziani perfettamente individuati”. Recentemente hanno fatto scalpore le dichiarazioni di Enrico Zucca, sostituto procuratore generale di Genova, durante un dibattito dedicato alla vicenda Regeni. “I nostri torturatori sono ai vertici della polizia, come possiamo chiedere all’Egitto di consegnarci i loro torturatori?”, ha detto il magistrato che conosce bene gli orrori del G8 del 2001 essendo stato tra i magistrati del processo per i fatti della scuola Diaz. “L’11 settembre 2001 e il G8 – ha continuato Zucca- hanno segnato una rottura nella tutela dei diritti internazionali. Lo sforzo che chiediamo a un paese dittatoriale è uno sforzo che abbiamo dimostrato di non saper far per vicende meno drammatiche“. Per quelle dichiarazionil il procuratore generale della Cassazione, Riccardo Fuzio, ha avviato accertamenti preliminari sul pubblico ministero.