Piccolo è bello! Quanta parte della nostra gente, quella più povera e sfortunata, paga da molti anni questa sciocchezza. Questa bestialità sgangherata di incompetenti che parlano tanto per parlare. Quanti giovani non sanno né mai sapranno che cosa vuol dire lavoro e quanta dignità e serenità esso porti alla vita di ogni individuo.
In passato le cose non stavano così: non ce ne siamo accorti, ma l’umanità industriale ha vissuto circa due secoli nei quali al di là di congiunture avverse (magari anche molto gravi) la domanda di prodotti ha continuamente prevalso sulla offerta di prodotti: il che ha provocato due secoli di continua espansione dell’industrializzazione. Poi, quasi all’improvviso, il botto: settecento milioni di esseri umani si mettono ex-novo a fare produzione manifatturiera. Il potere commerciale si rovescia e l’offerta prevale (e per molto prevarrà) sulla domanda. Il sistema dei prezzi è, nella media, virato più verso l’osso che la polpa.
Molte imprese hanno adesso l’acqua alla gola: perché non è facile prendere ordini e quei pochi ordini sono presi con ricavi precari. Gestire aziende in questo modo è come camminare su un tappeto di biglie tonde: diventano difficili le previsioni di sviluppo per la propria impresa, il problema degli investimenti si complica davvero parecchio.
A questo punto dobbiamo introdurre una separazione del vecchio mondo manifatturiero ‘ante-Cina’ perché l’arte del governare l’impresa industriale si era già manifestata e affermata nel secolo scorso, offrendo uno strumento eccezionale come il MbO (Management by Objectives). Caratteristica fondamentale di questo strumento era quella di offrire un metodo logico per porre in relazione le aziende con il market: non solo consentiva, ma addirittura esigeva, che l’azienda si impegnasse il più possibile nella conoscenza del mercato al fine di identificare gli sbocchi di mercato più consoni sia per il breve termine che per il medio termine.
Nel mondo una parte di aziende si è avvalsa di questa metodologia gestionale, la cui ricaduta è stata quella di svelare, almeno in parte, quali siano i rapporti fra l’azienda ed il mercato allo scopo di creare il “mix-prodotto-mercato” più redditivo possibile. Queste imprese per tempo hanno capito che il mercato voleva sì il prodotto ma anche il servizio, anzi a poco a poco il servizio ha conquistato spazi sempre crescenti, sempre più sofisticati. Ed è proprio su questo fronte che la Cina, massiccio invasore, ha manifestato ed ancora manifesta difficoltà di non poco conto.
Già, ma le altre imprese? Quelle che non hanno sviluppato analoga sensibilità mercatistica, quelle che o sono troppo piccole (quindi a bassa visibilità sul mercato-mondo) oppure vivono all’interno di una cultura imprenditoriale arcaica, basata ancora sul costo del prodotto? E’ proprio sotto questa prospettiva che bisogna leggere l’atteggiamento di una parte non trascurabile della nostra impresa manifatturiera.
E non è soltanto la (purtroppo) ancora diffusa cultura casereccia delle nostre aziende: molto influisce anche la cultura che si apprende nella maggior parte delle nostre scuole, una cultura fondamentalmente amministrativa, ben poco manageriale. Nasce spontanea una domanda: ma proprio tutte le nostre imprese manifatturiere sono così? E’ possibile immaginare che almeno una parte di queste soggiaccia di meno a questa tardività nell’evolvere verso il moderno?
Sì, è possibile: occorre guardare nella direzione giusta.
Pur sapendo bene che è difficile operare una separazione netta, occorre capire che una parte delle nostra imprese è costretta più di altre ad accettare la sfida che il mercato pone e, pur con tutte le riserve ed eccezioni del caso, deve dotarsi di una cultura market-oriented che superi ogni traccia di cultura casereccia di italica tradizione. Mi riferisco a quelle imprese che realizzano prodotti finiti, da distinguersi bene dai prodotti semilavorati tipici delle aziende di subfornitura.
E’ da qui che bisogna partire per ammodernare il nostro sistema manifatturiero: fortunatamente esistono mezzi, dispositivi e strumenti legali che ci permettono di operare in questa direzione. La soluzione è possibile (ed è unica) in questa precisa direzione: senza fare investimenti, senza stravolgere le proprietà societarie, senza agire in modo coatto su alcuna impresa ma uscendo dagli schemi di sempre. Primo fra i quali quello, nefasto, del piccolo è bello.