I frammenti dispersi in mare. La Protezione Civile ha escluso la possibilità che uno o più pezzi della stazione, lanciata da Pechino nel 2011, abbiano impattato sul territorio nazionale
Tiangong-1 è caduta nell’Oceano Pacificio alle 2.16 di lunedì. Il processo di decadimento naturale della stazione spaziale cinese giunge così al suo epilogo, entrando in contatto con l’atmosfera terrestre e disperdendosi in mare senza causare alcun danno. Lo ha reso noto l’Agenzia spaziale italiana.
Il comitato tecnico scientifico, riunito in seduta permanente presso la sede del dipartimento della Protezione Civile, sulla base degli ultimi dati forniti dall’Agenzia Spaziale Italiana, ha escluso la possibilità che uno o più frammenti della stazione spaziale Tiangong-1 abbiano impattato sul territorio nazionale.
L’ipotesi, secondo i calcoli degli scorsi giorni, era stata ritenuta prima possibile e poi via via sempre più improbabile fino alla serata di domenica, quando ormai c’erano residue possibilità che pezzi della Tiangong arrivassero su Lampedusa.
Il capo dipartimento della Protezione Civile Angelo Borrelli, in accordo con Asi e con gli altri partecipanti al tavolo, ha quindi dichiarato concluse le attività e rivolto un particolare ringraziamento all’Agenzia Spaziale Italiana.
La stazione spaziale cinese era lunga circa 10,5 metri, con un diametro di 3 metri e due pannelli solari delle dimensioni di sette metri per tre. Il suo peso, al momento del lancio, era pari a 8 tonnellate e mezzo: ha trascorso in orbita 2.375 giorni e 21 ore, essendo stata lanciata nel 2011 con il compito di effettuare esperimenti di orbita e ormeggio nell’ambito del programma spaziale di Pechino che si è posta l’obiettivo di piazzare una stazione permamente entro i prossimi cinque anni.