Un agente dello Spe, il gruppo Sicurezza Pubblica Emergenziale della Polizia Locale di Roma Capitale, spiega come funziona il meccanismo: "Sono disposti a venire a caricarsi gli elettrodomestici gratuitamente, li spogliano dei materiali riciclabili, dal rame al pvc e al ferro, e poi gettano quello che avanza per strada o nelle discariche abusive". Come quella di Albuccione, al confine fra Tivoli e la borgata romana di Castelverde, invasa da centinaia di carcasse di frigoriferi
Smaltire illegalmente gli elettrodomestici recuperando la quota del “contributo Raee” e risparmiando sui normali costi di ritiro e trasporto. E’ questo il grande inganno perpetrato dai commercianti furbetti, d’accordo con i riciclatori disonesti, atteggiamento che ancora oggi riempie delle discariche abusive e i cigli delle strade. Come quella di 60 ettari in località Albuccione, al confine fra Tivoli e la borgata romana di Castelverde, una bomba ecologica che rischia di esplodere da un momento all’altro e che sta inquinando anche le acque dei fiumi Aniene e Tevere. Gli apparecchi elettronici protagonisti di questa attività illegale sono i frigoriferi, che non a caso rappresentano la stragrande maggioranza dei rifiuti abbandonati nel maxi-deposito a est della Capitale. Il motivo è semplice: oltre a godere del contributo maggiore (16 euro a pezzo) i freezer contengono una discreta quantità di rame, un “oro rosso” che va a ruba – in tutti i sensi – sul mercato nero dei metalli. E’ il concetto che, un po’ goffamente, Virginia Raggi tentò di spiegare nell’ottobre del 2016 in un’intervista a Repubblica, salvo poi dare vita al tormentone web sul presunto “complotto del frigorifero”.
LA FILIERA DEI RAEE E LA QUOTA – Eppure, come detto, compreso nel prezzo degli elettrodomestici i consumatori pagano già la loro quota destinata allo smaltimento dei cosiddetti Raee, Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche. Si va, infatti, dai 16 euro di frigorifero e congelatore ai 2 euro per i piano cottura, passando per i 7 euro degli scaldabagni e i 5 euro per forni, lavatrici, lavastoviglie e stufe. Recependo una direttiva europea del 2003, il decreto ministeriale 65/2010 ha introdotto infatti il ritiro “1 contro 1”: significa che i rivenditori sono obbligati a ritirare gratuitamente l’elettrodomestico vecchio quando ne consegnano uno nuovo. Dal 2014 esiste anche lo “0 contro 1”, che obbliga i commercianti ad accettare piccoli scarti elettronici senza alcun acquisto.
Per finanziare questo meccanismo, i produttori applicano la “tassa” per lo smaltimento sul prezzo ai grossisti, surplus che si trasmette a cascata ai dettaglianti e, infine, ai singoli acquirenti. E questo a prescindere se l’elettrodomestico vecchio venga dato via oppure no. E come avviene questo smaltimento? Tecnicamente, il rivenditore dovrebbe incaricare (e pagare) un operatore iscritto all’apposito albo dei gestori dei rifiuti ingombranti, autorizzato a trasportare e consegnare alle apposite isole ecologiche i prodotti scartati. Ma è proprio qui che il meccanismo s’inceppa.
IL TACITO ACCORDO FRA NEGOZIANTI E RICICLATORI ABUSIVI – Da anni lo Spe, il gruppo Sicurezza Pubblica Emergenziale della Polizia Locale di Roma Capitale, indaga e combatte questo fenomeno, molto presente nella periferia della Capitale. “Invece di rivolgersi ai trasportatori ufficiali – racconta un agente Spe a IlFattoQuotidiano.it – i rivenditori si mettono d’accordo con i riciclatori abusivi. Questi sono in stragrande maggioranza ospiti dei campi rom, ma vi sono anche piccole ditte di ‘italiani’ che lavorano per la grande distribuzione. Il loro business è il rame, che ha raggiunto i 6-7 euro al chilogrammo, e nei compressori dei frigoriferi ce n’è molto. Sono disposti a venire a caricarsi gli elettrodomestici gratuitamente, li spogliano dei materiali riciclabili, dal rame al pvc e al ferro, e poi gettano quello che avanza per strada o in queste discariche abusive”.
In molti casi non serve nemmeno prendere accordi. “Ci sono dei segnali convenzionali – racconta l’investigatore della Polizia Locale – di solito, gli usati si lasciano la sera fuori dal magazzino consci che durante la notte passeranno i furgoni a portare via tutto il materiale. Un furto, ufficialmente, che il rivenditore non ha bisogno di denunciare perché si tratta di uno scarto”. E gli altri elettrodomestici? “Fanno la stessa fine, ma in misura minore. C’e’ meno convenienza. Il ferro non vale molto sul mercato nero, a differenza del rame, mentre i televisori e i computer di oggi non hanno niente di interessante”.
IL GRANDE IMBROGLIO – Insomma, alla fine i più colpiti da questo malcostume sono i consumatori finali, che pagano di tasca loro il surplus imposto dallo Stato ai produttori e poi si ritrovano i loro vecchi elettrodomestici nelle discariche abusive, spogliati del materiale più pregiato. Una truffa in piena regola e un danno immane all’ambiente, anche perché i freezer contengono un gas denominato Freon, altamente inquinante. “E’ un fenomeno molto difficile da combattere – fanno sapere da Ama – occorrerebbe potenziale i sistemi di controllo fino ad arrivare ad una anagrafe che consenta di monitorare il prodotto durante tutta la vita, dall’inizio alla fine”.