Dopo la manifestazione del 30 marzo, in cui 17 palestinesi sono stati uccisi e ci sono stati oltre 2mila feriti, continuano le proteste lungo il confine tra la Striscia e lo Stato Ebraico. Secondo Wafa, il 25enne Ahmed Omar Arafa è stato colpito dai cecchini ad est del campo profughi di al-Bureij
Un dimostrante palestinese è morto dopo essere stato ferito “durante gli scontri con l’esercito israeliano” lungo la barriera al confine tra la Striscia di Gaza e lo Stato ebraico. Lo riferisce l’agenzia palestinese Wafa, secondo cui il 25enne Ahmed Omar Arafa è stato colpito dagli spari dei cecchini ad est del campo profughi di al-Bureij, nella parte centrale della Striscia. La notizia è riportata anche dal ministero della Sanità di Gaza, dipendente da Hamas.
Dopo la manifestazione del 30 marzo, in cui 17 palestinesi sono morti per gli spari dei cecchini israeliani e ci sono stati oltre 2mila feriti, le proteste sono continuate anche nei giorni successivi e altre persone sono rimaste ferite dai proiettili o intossicate dai gas lacrimogeni. I palestinesi si sono riuniti venerdì scroso lungo la barriera al confine in occasione della “Marcia per il Ritorno” voluta da Hamas per il Land Day, la celebrazione annuale dello sciopero generale e delle marce organizzate il 30 marzo 1976 in protesta per l’esproprio di terre per motivi di sicurezza da parte di Israele. Ma gli organizzatori hanno dichiarato che le manifestazioni continueranno fino al 15 maggio, settantesimo anniversario della creazione di Israele. I palestinesi segnano quella data come “nakba” o catastrofe, quando in centinaia di migliaia furono costretti a lasciare le loro case durante la guerra del 1948.
Intanto, il Consiglio della Lega araba sostiene la richiesta palestinese di una commissione internazionale di inchiesta sui “crimini di guerra commessi dalle forze israeliane” a Gaza. Il Consiglio ha adottato all’unanimità un documento per chiedere al Consiglio di sicurezza dell’Onu e all’Assemblea generale di prendere le misure necessarie per aprire indagini “credibili, limitate nel tempo, e assicurare un meccanismo chiaro per giudicare i responsabili israeliani di questi crimini e risarcire le vittime”. A chiedere “un’indagine indipendente e trasparente” erano stati già il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, e di seguito anche Federica Mogherini, Alta rappresentante per la politica estera dell’Ue. Ma il ministro della Difesa israeliano, Avigdor Lieberman, aveva negato questa ipotesi: “Non ci sarà una cosa del genere qui. Non dobbiamo collaborare con nessuna commissione di inchiesta”, aveva spiegato sottolineando che le proteste dei palestinesi non erano “il festival di Woodstock”.