Per il giudice che ha analizzato il ricorso, i comportamenti dell’ex dipendente che aveva denunciato l'imposizione di orari di turni non compatibili con quelli delle cure del figlio sono stati "di gravità tali da ledere il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore e consentono l’adozione del provvedimento disciplinare espulsivo". Cgil: "Provvedimento ingiusto e non condivisibile"
Il tribunale di Milano ha respinto il ricorso della mamma lavoratrice licenziata da Ikea a fine 2017. La signora Ricutti riteneva il licenziamento discriminatorio denunciando che l’azienda presso cui era impiegata da 17 anni, le aveva imposto dei turni non compatibili con gli orari delle cure specialistiche del figlio e aveva chiesto il reintegro e il risarcimento del danno. Per il giudice che ha analizzato il ricorso, i comportamenti dell’ex dipendente dell’Ikea di Corsico, in provincia di Milano, però sono stati “di gravità tali da ledere il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore e consentono l’adozione del provvedimento disciplinare espulsivo“.
Secondo il giudice, dalle carte della causa, “emerge che la società in occasione delle variazioni dei turni decise nel giugno 2017 ha cercato di venire incontro alle esigenze della lavoratrice, sia impostando la turnistica sulla base delle emergenze” della donna, “chiedendo agli altri coordinatori di rendersi flessibili al fine di poterle accogliere, sia accogliendo 15 indicazioni individuate” dalla donna “come assolutamente imprescindibili, su un totale di 17″. L’Ikea ha provato “di aver regolarmente concesso negli anni di usufruire di permessi ex Legge 104 per l’assistenza ai genitori e successivamente al figlio disabile, senza che ciò abbia influito minimamente” sulla carriera della dipendente che, dal 2000 l’aveva portata al 2017 ad assumere la qualifica di coordinatrice nel reparto Food: “Il descritto percorso professionale – è scritto nell’ordinanza – esclude quindi che Ikea abbia assunto nei confronti” della donna “un atteggiamento discriminatorio”.
Il giudice descrive invece gli episodi in cui la donna si è “autodeterminata” gli orari, “senza preavvertite il responsabile, pur consapevole del proprio nuovo orario, in due giornate, nella prima pur in mancanza di una esigenza familiare specifica, nella seconda, pur consapevole dei disagi già in precedenza arrecati e delle contestazioni verbali dei responsabili”. In particolare “provato e altrettanto grave” è l’episodio in cui la lavoratrice “ha deciso di fare la pausa all’ora da lei stabilita, senza neppure preavvertire il responsabile e semplicemente ha chiuso la cassa, all’ora di punta, trattandosi di reparto ristorante, senza addurre alcuna plausibile ragione”.
Ikea, da parte sua, sottolinea che il giudice “ha riconosciuto la gravità dei comportamenti tenuti da Marica Ricutti e, conseguentemente, ha confermato la legittimità della decisione di Ikea di interrompere il rapporto lavorativo”. L’avvocato di Ikea, Luca Failla, spiega che “la decisione, confermata dai testimoni che sono stati ascoltati durante il procedimento, restituisce la verità dei fatti a una vicenda che in questi mesi è stata interpretata in maniera strumentale e di parte, diffondendo tra l’opinione pubblica un’immagine di Ikea che non corrisponde ai valori che esprime nel suo impegno quotidiano verso clienti, dipendenti e fornitori”. E ancora, il legale sottolinea che “gli episodi contestati non attengono in alcun modo a giornate in cui veniva in discussione l’esigenza del bambino. E’ stato escluso che in quei giorni in cui la persona si è determinata con orari non in linea con quelli di lavoro fossero giustificati da esigenze di cura del bambino”.
Non così la Cgil cui il provvedimento “appare ingiusto e non condivisibile, e per questo la lavoratrice, con il sostegno della Filcams Cgil Milano, ha già dato mandato ai suoi legali di presentare il ricorso in opposizione, che nei prossimi giorni verrà depositato”, come ha spiegato il sindacato in una nota. Sottolineando che si tratta di “un provvedimento non definitivo con cui il giudice, a seguito di una prima valutazione in fase di urgenza, ha ritenuto legittimo il provvedimento espulsivo adottato nei confronti della lavoratrice, la quale si sarebbe resa colpevole di gravi mancanze, “disattendendo apertamente disposizioni aziendali”. Per il sindacato “la decisione del giudice non sembra infatti tenere in alcuna considerazione una serie di questioni” che saranno trattate in una conferenza stampa straordinaria in