Le cooperative che facevano capo a Salvatore Buzzi sono state dissequestrate dal tribunale di Roma. Ad annunciarlo sono le stesse aziende sequestrate nel dicembre del 2014, gli stessi giorni Buzzi, considerato dagli inquirenti al vertice di Mafia capitale e poi condannato a 19 anni di carcere in primo grado ma non per associazione mafiosa. Nei giorni scorsi sono stati notificati ai legali rappresentanti delle coop i decreti di dissequestro dei compendi aziendali e delle quote sociali, tra cui 29 Giugno Onlus, 29 Giugno Servizi, Formula Sociale, ABC e del Consorzio Eriches 29, che tornano così “nel pieno possesso dei soci cooperatori, con l’esclusione dei soci ancora oggetto di procedimenti giudiziari”.
I componenti dei consigli di amministrazione delle cooperative, eletti il 31 gennaio, hanno ora “il compito di avviare una nuova fase della storia delle società. Giunge così al termine la delicata fase di ripristino della legalità iniziata a dicembre 2014 – continua la nota – con il sequestro di prevenzione delle quote sociali e delle aziende delle cooperative, a seguito delle note vicende di Mafia capitale e la conseguente nomina, da parte del tribunale di Roma, degli amministratori giudiziari, entrati a far parte anche dei consigli di amministrazione”.
“In questi 3 anni gli amministratori giudiziari, con il supporto di Legacoop e di un nuovo management, e grazie alla fondamentale opera delle lavoratrici e dei lavoratori, sono riusciti nella difficile impresa di mantenere in vita le cooperative, nonostante il complesso contesto sociale ed economico, in diverse situazioni ostile, in cui le stesse cooperative agiscono” conclude la nota della 29 giugno, spiegando che “inizia oggi, ancora con il fattivo supporto di Legacoop ed in linea con il protocollo di gestione da questa sottoscritto nel dicembre 2015 con il tribunale di Roma, una nuova fase, di riorganizzazione strategica e sviluppo delle cooperative”.
Nel processo d’appello sul Mondo di Mezzo, procuratore generale Antonio Sensale ha chiesto di condannare Buzzi a 25 anni e 9 mesi, mentre per Massimo Carminati la richiesta di pena è di 26 anni e mezzo. A entrambi l’accusa contesta l’associazione a delinquere di stampo mafioso. “Ci possono essere dei comparti diversi, ma Carminati resta il vertice e la direzione”, aveva detto il pg Pietro Catalani, nel primo giorno di requisitoria, defininendo Carminati e Buzzi come “uomini intelligenti, che sanno cosa fare. Buzzi non parla di Carminati eppure grazie alle sue parole sono stati condannati due alti dirigenti come Luca Odevaine e Franco Panzironi. Di fronte a Carminati però tace. A nostro parere è un esempio della omertà intrinseca tipica delle organizzazioni mafiose”.