Da quell’accusa il politico si è salvato. Merito della modifica della legge. L’uomo che è considerato il suo intermediario nell’acquisto di voti da Cosa nostra, invece, no. Il gup di Palermo Nicola Aiello ha condannato a tre anni il medico Domenico Galati per voto di scambio politico-mafioso. L’indagine era stata avocata dalla procura generale e il pg Domenico Gozzo aveva chiesto la condanna a cinque anni. Per Galati, coinvolto nell’inchiesta per voto di scambio a carico dell’ex eurodeputato dell’Udc Antonello Antinoro, la procura aveva infatti chiesto l’archiviazione dell’accusa di associazione mafiosa.
La procura generale, però, non ha condiviso quella scelta: ha quindi avocato il procedimento contestando all’imputato il reato di voto di scambio politico-mafioso. Galati è accusato di aver fatto da tramite tra Antinoro e alcuni esponenti della famiglia mafiosa di Pallavicino e Resuttana. Era il 2008 e secondo gli inquirenti nel suo studio sarebbe avvenuta la consegna del denaro con il quale il politico avrebbe comprato i voti di Cosa nostra: sessanta preferenze al prezzo di 50 euro l’una. Da qui la contestazione di voto di scambio politico mafioso.
E se per quell’accusa Galati è stato condannato, più fortunata la sorte di Antinoro, come ricostruito dal numero di Fq MillenniuM di febbraio. Storicamente vicino all’ex governatore Totò Cuffaro, l’ex europarlamentare era stato condannato in primo grado a due anni per corruzione elettorale. Poi in appello la situazione cambia: Antinoro, infatti, viene riconosciuto colpevole di voto di scambio politico mafioso. La pena inflitta dai giudici è di sei anni. Quindi nel 2014 la Cassazione annulla tutto. Il motivo? Nel frattempo era stata approvata la nuova legge sul voto di scambio. Una riforma, spiegava la Suprema corte, che ha introdotto “un nuovo elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice” che rende, rispetto alla versione precedente, “penalmente irrilevanti condotte pregresse consistenti in pattuizioni politico-mafiose che non abbiano espressamente contemplato concrete modalità mafiose di procacciamento voti”.
Per essere condannati, in pratica, occorre la piena consapevolezza “di aver concluso uno scambio politico elettorale implicante l’impiego da parte del sodalizio mafioso della sua forza di intimidazione e costrizione della volontà degli elettori”. Tradotto: non basta ottenere voti dalle cosche per essere colpevoli. Bisogna che quei voti siano stati raccolti con le minacce: “Mi manda lo zio, devi votare per questo candidato”. E il candidato lo deve sapere. Come dimostrarlo? È molto difficile.
E infatti nel nuovo processo d’appello l’accusa di voto di scambio per Antinoro torna a essere corruzione elettorale, che nel frattempo si è prescritta. Una sentenza diventata definitiva nel marzo del 2017. In questo modo Antinoro è tornato in campo. Alle ultime politiche, l’uomo un tempo noto con l’appellativo di Mister Preferenza – veniva infatti eletto all’Assemblea regionale siciliana con migliaia di voti – si è ricandidato non riuscendo però ad essere eletto con il centrodestra. Ha sempre professato la sua innocenza, sostenendo di non avere mai avuto la consapevolezza della caratura mafiosa dei personaggi ai quali si era rivolto. Dal suo punto di vista quegli uomini dovevano solo affiggere i manifesti della sua campagna elettorale per le elezioni regionali del 2008. E li aveva incontrati nello studio medico di Galati per un motivo specifico. “Pensavo fossero suoi pazienti- ha detto più volte – Al dottore, e solo a lui, diedi una busta con del denaro, come rimborso per le spese elettorali”. Solo che quelle spese elettorali, per il gup che ha condannato Galati, erano l’acquisto di voti. Dalla mafia.