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Martin Luther King, la figlia Bernice intervistata da Tv2000: “Nostra madre ci disse di non odiare l’assassino” 

Bernice Albertine King al Tg2000: “Piansi per la prima volta a 16 anni guardando le immagini del suo funerale. Lo spirito di ogni suo messaggio veniva dalla fede cristiana. Sentiva Dio vicino”.

di F. Q.

“Avevo solo 5 anni, quando arrivò la notizia dell’assassinio stavo dormendo. Mia sorella Jolanda e mio fratello Martin invece la sentirono alla televisione. Jolanda chiese a mia madre: ‘Devo odiare la persona che ha ucciso mio padre?’. E lei rispose subito ‘no’”. Così Bernice Albertine King, figlia minore di Martin Luther King, in un’ intervista di Pierluigi Vito per il Tg2000, il telegiornale di Tv2000, in occasione dei 50 anni dall’assassinio del padre a Memphis ha ricordato quei tragici momenti vissuti dalla famiglia il 4 aprile 1968.

“Il giorno dopo, il 5 aprile, – ha proseguito Bernice – mia madre andò a prendere il corpo di mio padre a Memphis. E lei, tornando ad Atlanta, si rese conto sull’aereo (dove ci aveva portato con sé) che a me non aveva ancora detto niente. Allora mi prese da una parte e mi disse: ‘Tuo papà è andato a vivere con Dio e non potrà più parlare con te’”.

“Quando avevo sedici anni – ha aggiunto Bernice – guardando il documentario ‘Montgomery to Memphis’ davanti alle immagini del funerale di mio padre cominciai a piangere per la prima volta. E piansi per due ore. Mi resi conto davvero di cosa mio padre aveva provato a fare. Credo che quello sia stato il mio primo vero momento di consapevolezza”.

“La nostra famiglia – ha sottolineato Bernice – è stata chiamata alla lotta per la libertà. Mio padre, chiaramente, nel ruolo di pastore e di profeta. Ogni cosa che lui ha fatto era radicata in questo: ogni sermone pronunciato, ogni messaggio lanciato, tutto era fondato sulla Bibbia. Anche se utilizzava testi liberali, lo spirito di ogni suo messaggio veniva dalla sua fede cristiana. Era molto religioso, pregava tanto. Nostra madre ha instillato in noi figli il valore della fede, della preghiera, della dedizione a Cristo”.

“Sento che ogni lavoro che faccio – ha concluso Bernice – è una chiamata di Dio. Credo che mio padre questo lo comprendesse molto bene. Per questo quando la sua fede divenne motivo di contrapposizione lui riuscì ad essere il più coraggioso. Perché sentiva che Dio era con lui e per lui. E anche quando nessuno lo capiva lui voleva essere sicuro che ciò che faceva fosse coerente con la volontà di Dio. Lo stesso accadeva per mia madre. E lo stesso vale per me”.

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