Certi libri ti cambiano la vita. A me accadde molti anni fa con L’Assommoir di Émile Zola (da poco in libreria con una nuova traduzione di Luca Salvatore, Lo scannatoio, Feltrinelli). L’attrazione dipese dallo stile, certo; ma anche dai temi: il dramma della povertà (“l’immensa battaglia contro la fame”); la Parigi operaia dell’Ottocento; la lavandaia Gervaise che vive in miseria; l’operaio Coupeau che muore alcolizzato; la figlia Nanà che si prostituisce. E’ la Francia proletaria del Secondo Impero, con i brutali effetti della rivoluzione industriale: l’uomo ridotto a cosa e la vita a valore di scambio.

La denuncia mi colpì molto, giovanissimo, al primo anno d’università, intriso com’ero d’operaismo e socialismo. E oggi? Come tutti i classici Lo scannatoio parla (anche) del nostro tempo. Molto è cambiato, certo, ma siamo sicuri che non ci siano più periferie degradate? Che nessuno affoghi nell’alcol la sua disperazione? Che i processi produttivi e la globalizzazione non abbiano creato nuove povertà? La verità è che manca uno Zola capace di descriverli. Non si deve dedurre dalla mia opera – dice – “che il popolo è cattivo, perché i miei personaggi non sono cattivi, ma soltanto ignoranti, e rovinati dall’ambiente di miseria in cui vivono”. Ebbe molto a cuore i poveri, Zola, si schierò e se in apparenza si limitò a “descrivere” in nome dell’oggettività, in realtà prese posizione. Céline comprese meglio di Lukàcs: “è tempo di rendere un doveroso omaggio a Émile Zola”; la parola “popolo” la sentì sua: capì, denunciò, aiutò a comprendere: “Dopo Lo scannatoio non s’è fatto di meglio”.

Cosa direbbe oggi alla sinistra? Che s’è persa. Che ha smarrito i valori della sua storia: la giustizia sociale, i diritti, l’equità. Ma lasciamo per un attimo Zola. Oggi certi temi, non solo il diritto di cittadinanza, sono incarnati dai 5Stelle che guardano ai dem (“Il nostro primo interlocutore è il Pd. Poi la Lega, senza Berlusconi”); è giusto così, va cercata un’intesa a sinistra ma non basta – è questo il punto – “un contratto di governo”, bisogna mettere realisticamente in conto che – nelle condizioni date – Di Maio non può fare il premier.

Il Capo dei 5Stelle ha ripetuto anche ieri a Di Martedì che “deve” guidare il governo. Ricordo che “niente è più pericoloso di un’idea quando si ha un’idea sola”. Un premier super partes in un governo 5Stelle-sinistra-società civile è la soluzione giusta: Aldo Moro ricoprì molti ruoli (premier, ministro degli esteri, dell’istruzione, della giustizia) secondo le circostanze storiche. Di Maio punti al programma e – nel secondo giro di consultazioni – a un ruolo importante nel governo di cui sarà azionista di maggioranza. I dem faticano a uscire dall’Aventino? La moral suasion di Mattarella sarà decisiva. E comunque: il Pd batta un colpo, se non vuol restare il partito dei Parioli, appellandosi a operai e disoccupati, agli ultimi, alle Gervaise, i Coupeau, le Nanà, ai giovani, i precari, gli studenti, al suo popolo che è gemello della sinistra popolare 5Stelle.

Zola approverebbe.

Lo scrittore che lottò per la giustizia (J’accuse, caso Dreyfus), che conosceva la povertà e gli ultimi (visse “l’infanzia in gravi condizioni economiche”), che scrisse “il primo romanzo sul popolo che non menta, e che abbia lo stesso odore del popolo”,”, indica la strada alla sinistra: giustizia sociale, diritti, equità: ecco i valori a cui ancorarsi, perché in fondo, oggi come nell’Ottocento, come sempre, il popolo ha gli stessi bisogni; li riassume con linguaggio semplice e chiaro Gervaise: “Ma santo cielo! Io sono una che si accontenta, non chiedo mica chissà che… Mi basterebbe avere un lavoro tranquillo, il pane sempre in tavola e un buco decente dove dormire, voglio dire, un letto, un tavolo con due sedie, mica di più… Ah! Vorrei anche tirar su i miei figli, farli diventare dei tipi a posto, se possibile… E ci sarebbe un’altra cosa che non mi dispiacerebbe: non prenderle, se mai dovessi rimettere su famiglia; ecco, già non prenderle sarebbe una gran cosa… Mi basta questo, vedete?, mi basta questo…”.

Ascoltare. Ecco, la sinistra oggi – chiunque l’incarni o guidi il governo – dovrebbe ascoltare questo grido di dolore e trasformarlo in azione politica. E’ un programma: lavoro, casa, diritti. Non siamo più nell’Ottocento ma i bisogni di Gervaise sono ancora, è un dato di fatto, i bisogni non soddisfatti del nostro tempo.

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