Condannare gli affiliati alla Black Axe per associazione a delinquere di stampo mafioso. È la richiesta del pm Gaspare Spedale alla fine della requisitoria del primo processo celebrato a Palermo alla mafia nigeriana. Oltre un secolo di carcere le richieste di pena per 14 presunti componenti della banda, che hanno scelto di essere giudicati con il rito abbreviato.
I nigeriani sotto processo sono accusati di aver controllato il mercato della prostituzione e lo spaccio di droga tra i loro connazionali nel capoluogo siciliano. Il procedimento, che si celebra davanti al gup Claudia Rosini, nasce da un’indagine della procura di Palermo, svelata in esclusiva da un’inchiesta del fattoquotidiano.it nell’ottobre del 2015, a carico di una organizzazione mafiosa transnazionale, con base in Nigeria, denominata Black Axe, l’ascia nera. Gli investigatori della squadra mobile scoprirono un clan che aveva la gestione e il controllo di una serie di attività economiche illecite: dalla riscossione di crediti allo sfruttamento della prostituzione e al traffico di stupefacenti. La banda, che aveva il quartier generale nel quartiere storico di Ballarò e cellule anche in altra città italiane, era organizzata secondo una struttura verticistica basata su rigide regole fatte di “battesimi“, riti di affiliazione dei membri e precisi ruoli all’interno del sodalizio simili a quelli di Cosa nostra.
A svelare i meccanismi dell’associazione criminale, dopo il blitz, fu uno degli arrestati che ha scelto di collaborare con gli inquirenti. Il pm Spedale, l’investigatore per primo ha scoperto come questa nuova mafia fosse attiva anche a Palermo, ha parlato di “una organizzazione solida, verticistica e ben definita”. Nel processo sono stati fondamentali, oltre alle intercettazioni, i racconti di tre nigeriani imputati che hanno deciso di collaborare con la procura: Austine Johnbull, Evans Osayamwen e Nosa Inofogha.
Nel dettaglio, il pm ha chiesto 18 anni per Alaye Samson Obama e Ibrahim Yusif, 12 anni per Kennet Osahon Aghaku, 11 anni per Steve Osagie, 10 anni per Sylvester Collins, 9 anni per Osayi Idemudia, 8 anni per Lucky Monye, 6 anni e 4 mesi per Evans Osayamwen, 5 anni e 4 mesi per Efe Airbe, 5 anni per Edith Omoregie e Vitanus Emetuwa, 4 anni e 8 mesi per Victor Jude, 3 anni e 2 mesi per Nosa Inofogha, 2 anni e 8 mesi per Austine Johnbull. Con rito ordinario sotto processo ci sono altri cinque presunti affiliati alla Black Axe.
Nata negli anni ’70 all’università di Benin City, in Nigeria, come una confraternita di studenti, Black Axe all’inizio è una gang a metà tra un’associazione religiosa (li chiamano culti) e una banda criminale, che stabilisce riti d’iniziazione e impone ai suoi affiliati di portare un copricapo, un basco con un teschio e due ossa incrociate, come il simbolo dei corsari. Ilfattoquotidiano.it ha ricostruito come da qualche anno i tentacoli di questa nuova piovra criminale siano arrivati anche in Italia, dove i boss nigeriani hanno iniziato a dettare legge nei sobborghi di città come Brescia e Torino: droga, spaccio, gestione delle prostitute e un regime di terrore molto simile a quello che è il marchio di fabbrica delle mafie di casa nostra. “Vorrei attirare la vostra attenzione sulla nuova attività criminale di un gruppo di nigeriani appartenente a sette segrete, proibite dal governo a causa di violenti atti di teppismo: purtroppo gli ex membri di queste sette che sono riusciti ad entrare in Italia hanno fondato nuovamente l’organizzazione qui, principalmente con scopi criminali”, si leggeva in un’informativa dell’ambasciata nigeriana a Roma già nel 2011.
– L’inchiesta del fattoquotidiano.it ha anche svelato l’accordo tra nigeriani e boss i Cosa nostra