Prima il colpo giudiziario, ora quello economico. Roberto Spada, il membro della famiglia ritenuta mafiosa di Ostia finito in carcere per aver aggredito un giornalista Rai davanti alla palestra che gestiva, era stato colpito pochi giorni fa da una misura di sorveglianza speciale. Misura che, per il codice antimafia, lo rendeva incompatibile con qualsiasi licenza o autorizzazione relativa al commercio. E oggi è arrivata la conseguente chiusura del Bar Music, locale di Ostia di cui Spada era titolare, da parte della Questura di Roma. Una decisione motivata dal fatto che la struttura continuava a essere frequentata da pregiudicati ed era luogo di “eventi atti a minare l’ordine e la sicurezza pubblica“. Al bar era stata già sospesa la licenza per 45 giorni nel dicembre 2017, poiché era stato segnalato come luogo di ritrovo di pregiudicati. Il provvedimento, precisa la questura, “è stato ritenuto urgente non solo per il disagio creato dal bar alla collettività ma anche in considerazione del fatto” che Spada il 9 novembre 2017 è stato oggetto di un decreto di fermo della Procura di Roma in merito ai reati di lesioni personali e violenza privata aggravata “per la nota vicenda dell’aggressione ai danni di una troupe televisiva di Rai 2”.
L’esposizione mediatica “generata” dalla testata data al giornalista Rai Daniele Piervincenzi non ha fatto bene agli Spada, famiglia di origine sinta arrivata a Roma dall’Abruzzo negli anni Cinquanta e coinvolta in diverse inchieste della procura di Roma su presunti giri di usura, estorsione, droga e sfruttamento delle concessioni demaniali del litorale. Il capostipite era Enrico, deceduto nel 2016. Aveva quattro figli: Carmine, Ottavio, Vincenzo e, appunto, Roberto. Nel giugno del 2016 Carmine Spada – detto “Romoletto” – è stato condannato in primo grado a dieci anni di reclusione per aver tentato un’estorsione da 25mila euro, lievitati a 270mila, attuata con il metodo mafioso ai danni di un tabaccaio di Ostia. Lo scorso ottobre sette componenti del clan sono stati condannati, in totale, a più di 50 anni di carcere, nell’ambito dell’inchiesta ribattezzata “Sub Urbe”, partita da una gambizzazione avvenuta nel 2015 e che ha svelato una rete di intimidazioni ed estorsioni per gestire gli alloggi popolari.
Prima di questa serie di condanne, gli Spada avevano scalato il potere a Ostia anche grazie all’indebolimento dei clan Triassi e Fasciani, che controllavano la malavita della città e furono colpite tra il 2013 e il 2014 dalle operazioni “Nuova Alba” e “Tramonto”. Gli Spada, come si legge nell’ordinanza di “Nuova Alba”, si erano agganciati all’orbita dei Fasciani quando questi “hanno visto che […] stavano acquisendo più potere nel territorio di Ostia ed hanno ritenuto più utile averli come alleati che come concorrenti.”
Oltre a rifornirli di droga, i Fasciani lasciavano il controllo “operativo” di una porzione del territorio agli Spada. Per consolidare questo controllo, si legge nell’ordinanza di “Sub Urbe,” gli Spada non esitano a gambizzare membri di famiglie rivali, “schiaffeggiare di giorno sulla pubblica via le vittime, […] condurle in luoghi dove le avrebbero brutalmente picchiate,” e più in generale “sottoporle a quotidiani atti di sopraffazione fisica e morale ricordando loro la “fine” che avevano fatto coloro che avevano provato ad opporsi”. Un modus operandi che ha portato a tre sentenze che per ora hanno riconosciuto lo stampo mafioso del clan.
A livello giudiziario, Roberto Spada (che considera il clan Spada solo una “questione mediatica”) non rientra in questo riquadro. Prima dell’aggressione al giornalista Rai, infatti, era finito sulle cronache per “motivi politici”. Come quando nel 2015 lanciò provocatoriamente una sua “candidatura” alla presidenza del Municipio di Ostia, scrivendo cose come “facendo i calcoli riesco ad arrivare a 15mila voti”. Ma il personaggio di Roberto Spada si ricorda soprattutto per la sua vicinanza a Casapound, il partito neofascista che alle ultime elezioni nel X Municipio lo scorso novembre ha investito molto sul quartiere degli Spada, Nuova Ostia, arrivando al 18% dei consensi.
Dopo essere stato fotografato in più di un’occasione insieme al leader di Casapound nella zona, Luca Marsella, pochi giorni prima del voto Roberto Spada aveva esternato il suo appoggio alla lista: “Qua sto periodo se vedono tutti sti politici a raccontarci barzellette, mai visti prima, e dopo le votazioni torneranno tutti a farsi i fatti propri… gli unici sempre presenti sono quelli di CasaPound”. Marsella disse poi che quei voti non sarebbero arrivati grazie alla “vicinanza” con Roberto Spada, ma all’inizio di settembre, commentando la foto in televisione, il candidato di CasaPound aveva detto di non essere in imbarazzo e di non avere nulla da nascondere.