“Scontato ed ovvio che si punti alla prescrizione del reato. Tutto questo è inaccettabile, un’offesa ai risparmiatori, ma in generale a tutti i cittadini”. Così la presidente dell’Associazione vittime del salvabanche Letizia Giorgianni ha commentato la decisione dei giudici della Corte di Appello di Firenze, che giovedì hanno rinviato al 9 aprile 2019 il processo di secondo grado per ostacolo alla vigilanza a carico dell’ex presidente di Banca Etruria Giuseppe Fornasari, dell’ex direttore generale Luca Bronchi e del funzionario David Canestri. Un rinvio di un anno deciso in assenza dei legali difensori degli imputati, impegnati in un altro processo. “All’inizio del processo si sono dichiarati impegnati in altro… e i giudici cosa fanno? Non rinviano di un mese, ma addirittura di un anno!!”, attacca Giorgianni.
In primo grado Bronchi, Fornasari e Canestri erano stati assolti dal giudice Anna Maria Loprete perché “il fatto non sussiste” per il capo d’imputazione relativo alla cessione di immobili, in particolare la società Palazzo della Fonte, il cui consorzio acquirente secondo l’accusa sarebbe stato a sua volta parzialmente finanziato dalla stessa Banca Etruria, e perché “non costituisce reato” per il secondo capo d’imputazione, relativo ai crediti deteriorati che non sarebbero stati messi a bilancio e che sarebbero così sfuggiti ai controlli. La procura di Arezzo aveva presentato ricorso contro il verdetto.
Giorgianni non esclude “nuove proteste da parte di chi ancora, pur non avendo riottenuto i propri risparmi ‘rubati’ si vede addirittura privato persino della possibilità di ottenere giustizia”. “Un rinvio di un anno concesso dai giudici per impedimenti degli avvocati degli imputati lascia intuire che non ci sia tutta questa fretta nel celebrare il processo ed evitare la prescrizione”, sostiene l’avvocato Letizia Vescovini. “Da sempre convinta che dai processi penali non ci sarà nessun risarcimento per i risparmiatori”, conclude la nota, l’Associazione “sta da tempo lavorando ad azioni in grado di far ottenere il giusto risarcimento a coloro che non hanno ancora ottenuto nessun tipo di rimborso”.
La Corte di Cassazione ha intanto disposto un nuovo giudizio presso il Tribunale del riesame di Arezzo per valutare se gli oltre 700mila euro corrisposti, nel giugno 2014 all’ex dg Bronchi a titolo di incentivo all’esodo integrino il reato di bancarotta preferenziale. Il pagamento era avvenuto a seguito di un accordo transattivo deliberato dal cda della banca quando la situazione di insolvenza era ormai stata accertata dagli organi ispettivi di Bankitalia e mentre era in corso un procedimento amministrativo nei confronti di Bronchi che si era poi concluso nel settembre successivo con la richiesta di irrogazione di sanzioni pecuniarie. Una parte della somma – 474mila euro, pari alla indennità supplementare – era stata sottoposta a sequestro preventivo.