Politica

Nuovo governo: cari Pd e M5S, fatelo per l’Italia, mettetevi d’accordo

I politici italiani ci trattano come bambini. Ed è avvilente vedere che spesso funziona.

Non sopporto questa politica muscolare. I leader che dicono vinceremo e poi non ammettono che non hanno vinto. Di Maio e Salvini non hanno vinto niente; onore a Bersani quando nel 2013 disse abbiamo non vinto: “E’ chiaro che chi non riesce a garantire governabilità al suo paese non può dire di aver vinto le elezioni. Quindi noi non abbiamo vinto anche se siamo arrivati primi”. Ma anche il Pd non la racconta giusta quando dice che gli italiani hanno votato perché resti all’opposizione.

Cinque anni fa M5S e Pd hanno perso una grande occasione per cambiare veramente l’Italia. Il M5S fece il gran rifiuto ma, si mormora, anche il Pd non aveva molta voglia di trattare; se avesse fatto una proposta basata su un programma succoso e chiaro, il M5S non avrebbe potuto dire di no.
E il Pd ha pagato caro il fatto di aver partorito governi che non potevano realizzare un vero programma riformista a causa dei veti di Alfano e Verdini.

Ma il grande disastro lo ha fatto Matteo Renzi: cosa sarebbe successo se, invece di tentare di cambiare la Costituzione, eliminare le province, ridurre il Senato e devastare l’articolo 18, avesse puntato sulla banalità della razionalizzazione del sistema Italia? I leader, un po’ tutti, hanno manie di grandezza, vogliono passare alla storia con cambiamenti epocali. Ma è veramente il tentativo di una grande riforma quello che ci serve oggi?

Al momento l’Italia è spaccata culturalmente, ideologie antagoniste si azzannano, e i tentativi di cambiamento radicale si scontrano con la frammentazione dei modi di vedere: ogni innovazione scatena interessi contrari. C’è un errore di metodo nell’idea che si possa migliorare un paese intervenendo con l’accetta limitandosi a promulgare leggi. E se si capisse questo si potrebbe trovare un’intesa tra M5S e Pd, su moltissime piccoli cambiamenti, che entusiasmerebbero gli italiani. Oggi servono piccoli ma immediati. Cambiamenti che presentano però una difficoltà, bisogna saperli anche gestire. E qui nasce il grande limite dei politici: non sanno gestire la complessità dei problemi nella pratica quotidiana.

Tutti ci hanno promesso che avrebbero razionalizzato la burocrazia, ma ancora nessuno lo ha fatto. In parte per cattiva volontà ma anche perché cancellare le follie del sistema non è facile come dirlo. Il delirio burocratico si nasconde in centinaia di piccole leggi, circolari ministeriali, regolamenti attuativi… E nelle consuetudini, nel modo di pensare di amministratori locali e dipendenti pubblici.

Quando si parla di reddito di cittadinanza e altri sistemi di contrasto alla povertà non basta dire cosa si vuol fare bisognerebbe spiegare come si pensa di riuscirci. E bisogna partire dal fatto che oggi tutto il sistema italiano di riqualificazione dei disoccupati, gli uffici di collocamento, gli aiuti alle piccole imprese innovative, non funziona: non sono capaci di far crescere culturalmente i disoccupati, motivarli, seguirli nella ricerca di un lavoro; non sono capaci di individuare le piccole imprese che hanno grandi possibilità, non sanno sostenerle, tutorarle, fornire loro assistenza e strumenti efficienti per finanziarsi e andare sul mercato. E questa situazione la cambi solo se predisponi metodologie che funzionano, formi i funzionari, analizzi i risultati dei corsi per i disoccupati e degli aiuti alle aziende, hai una strategia per il reinserimento delle persone in difficoltà, e insegni ai tuoi formatori a non ammazzare di noia, a motivare e coinvolgere le persone. Un corso di aggiornamento professionale non serve a niente se non riesce a trasmettere passione.

Gli aiuti alle aziende non servono se non c’è capacità di sviluppare le potenzialità, consigliare, dare fiducia.
Ma nessun programma di partito spiega come si dovrebbe realizzare tutto questo, nel dettaglio.

L’Alternanza scuola-lavoro è un’idea ottima, ma poi devi aprire un dialogo con le imprese, farle diventare soggetto di un processo formativo. Non è detto che un bravo imprenditore sia anche capace di relazionarsi con gli studenti. Perché l’inserimento nelle aziende funzioni devi coinvolgere anche gli insegnanti e realizzare con loro e con le aziende programmi di vera partecipazione degli studenti ad attività lavorative che siano formativi. Posteggiare i giovani in un’azienda a far fotocopie non basta.

E come si fa a tagliare i costi della sanità? Si peggiora il servizio! Qualcuno si è chiesto se esiste un altro modo di fare le cose, migliore per i cittadini e più economico?

La Lombardia, governata dalla destra, vanta una sanità che spende molto meno della Sicilia e offre servizi migliori. Ma se poi vai a vedere i prezzi praticati dal Centro Medico Sant’Agostino, un’impresa etica, scopri che una risonanza la fanno pagare 90 euro mentre la regione paga alle cliniche private 169 euro, come ci spiega Milena Gabanelli; ma non c’è solo una differenza di prezzi, è il modo di organizzare i servizi e il rapporto con i pazienti del Sant’Agostino a fare la differenza. Milena Gabanelli ha dedicato a questa impresa un servizio di Report che dimostra che un’altra sanità è possibile.

Sarebbe ora di capire che il Diavolo si nasconde nei particolari.
E servono politici che siano meno condottieri a cavallo e più artigiani capaci di aggiustare gli orologi rotti del sistema Italia.

Oggi il Pd e il 5 Stelle la pensano in modo diverso su molte cose.
Però hanno la possibilità di cambiare logica e scoprire che un grande cambiamento si può ottenere anche cominciando dalle “piccolezze” sulle quali è più facile mettersi d’accordo, per iscritto, prima di fare il governo. C’è la possibilità di un grande cambiamento basato su piccole leggi banali, e soprattutto sul lavoro da orologiai sul campo. I politici devono saper motivare gli italiani, farli diventare protagonisti del cambiamento: scuola per scuola, azienda per azienda, comune per comune.

C’è la possibilità di una convergenza sui “piccoli” problemi invece che sulle riforme faraoniche.
Partiamo da qui?
È la filosofia Shanghai: non affrontare i grandi problemi, inizia da quelli piccoli che sono più facili. Azioni rapide, risultati visibili.
È molto improbabile che qualcuno ci senta da quest’orecchio…
Intanto ci sono 9 milioni di poveri.
Auguri.