Un sistema di “segregazione etnica” costato alle casse pubbliche italiane oltre 100 milioni di euro in 5 anni, di cui ben 82 milioni per la sola gestione ordinaria di appena 10.000 persone. Un’enormità che trova il suo apice a Roma, città dove mantenere 4.419 fra uomini, donne e bambini dentro container di pochi metri quadrati – in aree mal servite e ambienti a dir poco insalubri – è costato solo nel 2017 circa 5 milioni di euro, senza contare i 3,8 milioni di fondi provenienti dall’Unione Europa che il Campidoglio investirà in un piano di chiusura dei campi ancora in alto mare.

Sono alcuni dei dati contenuti all’interno del Rapporto Annuale 2017 dell’Associazione 21 Luglio che si occupa di combattere la segregazione e la discriminazione delle popolazioni rom, sinti e caminanti in Italia. “Malgrado la lieve contrazione numerica – si legge nella relazione del presidente, Carlo Stasolla – e le raccomandazioni formulate dai vari Enti internazionali ed europei, in Italia insistono ancora 148 insediamenti formali abitati da circa 16.400 persone. Meno di 10.000 sono invece i rom, tutti cittadini comunitari, segnalati all’interno degli insediamenti informali e micro insediamenti. Il numero totale degli insediamenti si discosta di poco da quello degli anni precedenti, segno questo che la ‘stagione dei campi’ è ancora lontana dal suo tramonto”.

NUMERI E COSTI NELLA CAPITALE – Va considerato, infatti, che in tutto il Centro Italia tra il 2012 e il 2017 sono stati costruiti due nuovi insediamenti formali, nei Comuni di Roma e Pistoia, e inaugurato un centro di accoglienza per soli rom, sempre nella Capitale, interessando un totale di quasi 1.000 persone, a fronte di una spesa complessiva di circa 10.500.000 euro. Nella sola città di Roma, considerando l’arco temporale 2012-2017, è necessario evidenziare come i costi sostenuti dall’Amministrazione Capitolina per le utenze e per l’erogazione dei servizi primari all’interno dei “villaggi della solidarietà” e dei “campi rom” ammontino complessivamente a circa 8.400.000 euro.

A tali spese si aggiungono anche quella relativa alla “gestione” degli 8 “villaggi della solidarietà” dal 2012 al 2014: essa complessivamente ha riguardato 6.000 persone circa per una spesa complessiva stimata di circa 49.100.000 euro. Nel 2017 sono stati impegnati 3.645.000 euro per la manutenzione ordinaria dei “villaggi della solidarietà” e lo svuotamento vasche di accumulo liquami.

Eppure i numeri non sembrano essere così alti. Nella seconda metà del 2017 risultavano infatti essere 6.900 i rom e i sinti in emergenza abitativa nella città di Roma, appena lo 0,24% della popolazione romana; nei 17 insediamenti formali e “tollerati” vi sono infatti 4.419 persone (fra cui i villaggi ufficiali Salone, La Barbuta, Gordiano, Lombroso, Candoni e Castel Romano), più 1.620 presenti nei circa 300 insediamenti informali, 750 in due occupazioni monoetniche (Tor Cervara e Tiburtina) e altre 420 unità ospitate al Camping River di Prima Porta, fin qui un fallimento del nuovo piano-rom capitolino, insediamento trasformato da campo attrezzato modello a insediamento abusivo.

EMERGENZE SANITARIE E CONDIZIONI DI VITA – E’ noto come i campi non possano essere paragonati a villaggi vacanze. E i dettagli emergono chiari dal rapporto. Oltre a ricordare l’epidemia di scabbia esplosa pochi mesi fa nel campo di Castel Romano – costruito anche con fondi distratti dal sistema del Mondo di Mezzo – nel documento vengono messe in risalto la mescolanza etnica forzata fra le famiglie, il forte deterioramento delle abitazioni, l’insufficienza delle forniture elettriche e degli impianti di depurazione e, spesso, la lontananza da qualsiasi servizio pubblico.

Condizioni che non migliorano con il veloce susseguirsi delle generazioni, anche per colpa di un alto tasso di evasione scolastica: negli ultimi due anni scolastici le iscrizioni alla scuola dell’obbligo sono diminuite del 48% rispetto al biennio precedente. Un dato al quale – seppur in parte – contribuiscono anche i continui sgomberi forzati: nel 2017 ben 560, per un costo complessivo di 700.300 euro.

FRAGILITA’ E AMBIZIONI DEL PIANO RAGGI – Ora la palla passa alle istituzioni capitoline, ed in particolare all’amministrazione comunale guidata dalla sindaca Virginia Raggi, che il 26 maggio 2017 ha fatto approvare la delibera 105 dal titolo “Piano di Indirizzo di Roma capitale per l’Inclusione delle Popolazioni Rom, Sinti e Caminanti”. Un piano ambizioso, che fissa la chiusura entro il 21 dicembre 2020 di ben due dei sei campi rom ufficiali, La Barbuta e La Monachina, popolati da circa 100 famiglie.

L’uscita da questi due insediamenti dovrà avvenire secondo le direttive europee, attraverso quattro obiettivi: scolarizzazione, formazione, abitare e salute. Il tutto coordinato dall’Ufficio Speciale Rom, Sinti e Caminanti diretto dalla dirigente Michela Micheli. Per il momento, a riguardo, il giudizio dell’Associazione 21 Luglio non e’ positivo: “Le azioni promosse nella seconda metà dell’anno dalla Giunta Capitolina hanno messo in evidenza le fragilità e rivelato da subito le sue prime contraddizioni interne – si legge nella relazione di Stasolla – anche la gara d’appalto per la gestione di fondi europei, volta al superamento di La Barbuta e Monachina, andata parzialmente deserta, ha rivelato le criticità di un ‘Piano’ che evidentemente necessita di importanti correzioni e dell’adozione di paradigmi nuovi”.

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