Pamela è nata a Roma ma in Italia non si è mai sentita a casa fino in fondo. Forse perché ogni singolo giorno della sua vita, si è dovuta trovare a dovere giustificare perché, pur parlando con forte inflessione romanesca, il suo cognome sia Aikpa Gnaba e la sua pelle non lascia dubbi sulle sue origini africane. “È una sensazione profondamente frustrante quella di vivere nel proprio paese e avere la percezione che gli altri ti considerino sempre un elemento estraneo e che per sentirti accettato tu debba, da un lato, rinnegare le tue origini, dall’altro, dimostrare sempre di essere all’altezza della tua italianità”. Pur essendo il luogo dove è nata e cresciuta, la 37enne romana – figlia di una coppia mista italo-ivoriana – ha sempre visto l’Italia come un paese chiuso di fronte alla diversità, e quindi anche rispetto a lei. “La situazione, poi, negli ultimi anni è drasticamente peggiorata”. Così si è fatto strada nella mente di Pamela il desiderio di andare a vivere in un posto dove il suo bagaglio multiculturale e plurilinguistico non solo fosse apprezzato, ma considerato come un vero valore aggiunto.
“Quando nel 2014 ho scelto di trasferirmi in Costa d’Avorio, la terra d’origine di mio padre, molti l’hanno ritenuta una scelta folle che avrebbe reso vani tutti i sacrifici fatti da me e dalla mia famiglia per costruire qualcosa in Italia”. E invece, in terra africana, Pamela ha trovato qualcosa che in Italia non era mai riuscita a conquistare, ovvero “la percezione di essere accettata per quella che sono”. “Nessuno ha mai messo in dubbio la mia appartenenza a questo paese e non mi sono mai trovata a dover giustificare la mia ivorianità o a dimostrare a tutti i costi il mio senso di appartenenza per essere considerata degna di stare in questo posto. In un certo senso, mi hanno fatto sentire a casa anche quando, appena arrivata, ero spaesata e stavo lasciandomi alle spalle un’intera vita altrove”.
Negli ultimi anni in Italia la situazione rispetto all’accettazione della diversità è drasticamente peggiorata”
Oggi Pamela viva ad Abidjan, la capitale economica della Costa d’Avorio, e lavora per un’ente governativo. “Diversamente da quel che si potrebbe pensare, non guadagno uno stipendio stratosferico ma riesco a vivere bene e anche a mettere qualche soldo da parte”. Al contrario, in Italia Pamela non era mai riuscita ad avere grandi soddisfazioni nonostante la sua laurea magistrale in traduzioni e numerose esperienza all’estero. “Non ho mai avuto grandi difficoltà nel trovare lavoro ma spesso le condizioni contrattuali e stipendiali non erano adeguate alle mansioni svolte e al mio profilo professionale. Inoltre, ho quasi sempre avuto la percezione che se mi fossi proiettata in avanti nel tempo mi sarei ritrovata dopo dieci anni allo stesso punto di partenza, senza gratificazioni e con molte aspettative deluse”. La sensazione, era quella di sentirsi un criceto nella ruota che corre all’impazzata, ma resta sempre al solito posto. “In Africa, invece, ho notato sin da subito un grande dinamismo, la società è molto giovane e si percepisce una gran voglia di riuscire e di migliorarsi”. Uno spirito di fiducia nel futuro che le ha ridato nuova motivazione ed energia. “Mi sono resa conto che qui sarei potuta arrivare finalmente da qualche parte raggiungendo dei traguardi personali senza nemmeno avere il bisogno di correre dato che qui tutto viaggia su ritmi più umani e meno frenetici”. Perché per un giovane avere lavoro è importante, ma “lo è ancora di più avere la percezione che le sue capacità siano realmente apprezzate”.
Mentre parla, Pamela definisce la Costa d’Avorio come il suo paese di origine. Frasi che sembrano un po’ una sconfitta per l’Italia, che l’ha vista nascere eppure non è riuscita a farla sentire a casa. “Molti dei ragazzi italiani con origini straniere finiscono per andar via dall’Italia perché non hanno la percezione di essere accettati e apprezzati come meriterebbero. Il mancato riconoscimento a livello sociale, legale e politico è spesso percepito come un rifiuto nei loro confronti e credo sia normale che essi decidano di andare alla ricerca di luoghi o realtà che offrano loro maggiori opportunità”. Una sensazione di frustrazione vela il suo discorso, perché la giovane romana sa che sarebbe potuta essere una risorsa per l’Italia. “Chi ha origini straniere come me potrebbe essere un ottimo tramite per accedere ai nuovi mercati emergenti dei rispettivi paesi d’origine, svolgere ruoli di mediazione con le comunità di migranti che arrivano in Italia, realizzare ponti virtuali per progetti imprenditoriali e sociali”. Perché si perde l’eccellenza non necessariamente perdendo i singoli elementi, ma non riuscendo ad avere una visione d’insieme che sia lungimirante. Non si considera un’eccellenza, la 37enne romana, ma è certa “che l’Italia avrebbe potuto sfruttare meglio ciò che io e altri come me avevamo da offrire”.
L’Italia avrebbe potuto sfruttare meglio ciò che io e altri come me avevamo da offrire”
L’Europa non è il paradiso e l’Africa non è l’inferno. “Tra questi due estremi immaginari esiste un mondo terreno che meriterebbe di essere raccontato con onestà e realismo”. E mentre migliaia di persone ogni anno rischiano la vita pur di giungere in Europa dall’Africa, “la mia esperienza va nella direzione diametralmente opposta dando un messaggio di forte fiducia nel futuro del continente africano”. Non si sente un’italiana emigrata, Pamela, ma una donna che ha trovato una seconda casa. “Non credo che tornerò in Italia perché dubito di poter trovare lì la stabilità e le gratificazioni che ho in questo momento in Costa d’Avorio. Ed ho il sentore che da qui ai prossimi anni saranno sempre di più gli afro-discendenti in Europa a intraprendere la strada del ritorno”.