La sconfitta a testa alta contro la Juventus, il derby pareggiato per grazia di Icardi, l’1-1 casalingo all’ultimo minuto contro il Sassuolo: la rimonta europea del Milan di Gattuso sembra essersi fermata sul più bello. Continuerà, invece, l’avventura di Ringhio sulla panchina rossonera: la società in settimana gli ha fatto firmare un contratto addirittura fino al 2021, prima che la stagione terminasse. Ma i conti si fanno alla fine e quelli dei cinesi non tornano mai: il rinnovo, più che dall’entusiasmo, sembra dettato dalla volontà di cogliere la palla al balzo per risparmiare sul futuro, in attesa di un progetto che non c’è.
Certo, tutto si può dire tranne che Gattuso non se lo sia meritato. Ha preso in mano a fine novembre una formazione allo sbando, ha ridato dignità alla squadra e un senso alla stagione: a inizio 2018 ha messo insieme una striscia positiva quasi da scudetto, tornando a credere addirittura nel sogno di una qualificazione in Champions, assurdo solo a pensarci qualche mese fa. La conferma, insomma, sarebbe sacrosanta. Se non fosse, però, che il campionato non è ancora finito: Gattuso può finire con un onorevole piazzamento in Europa League (la Champions ormai è difficile), e magari con la vittoria in Coppa Italia contro la Juve. E allora nulla da dire. Ma può anche perderle tutte: tanto per fare un paragone, anche Pioli l’anno scorso sembrava certo della riconferma all’Inter all’inizio della primavera, e finì addirittura esonerato prima dell’ultima giornata. Senza qualificazione all’Europa minore (la Fiorentina è vicina, il trend negativo) e con la coppa sfumata, il bilancio sarebbe ben diverso.
A maggior ragione dopo gli ultimi risultati negativi (e ancor di più le prestazioni), il rinnovo appare sempre più frettoloso. Sbagliato non nel merito, ma nella tempistica e nei tempi. Non c’era alcun bisogno di chiudere subito dopo Pasqua: non per l’ambiente, finalmente sereno, non per l’allenatore abituato a lavorare tanto e pretendere poco. Si sarebbe potuto benissimo aspettare il termine della stagione, per ragionare a mente fredda e con tutti gli elementi sul tavolo, o quantomeno legare il rinnovo al raggiungimento di determinati obiettivi. Invece la società ha voluto firmare subito, addirittura per quattro anni. Questa è l’altra follia dell’accordo: al giorno d’oggi nessuno ha un contratto quadriennale, non Spalletti all’Inter o Allegri alla Juventus, che pure sono due top allenatori in Italia, figuriamoci Gattuso che viene da esperienze altalenanti a Pisa e Palermo e deve ancora dimostrare tutto. Per questo viene il sospetto che il rinnovo di Gattuso sia stata la scelta migliore per la società, non per il Milan.
Dopo le spese pazze dello scorso calciomercato, senza i soldi della Champions e con le incertezze proprietarie, in estate i rossoneri dovranno fronteggiare un’inevitabile ridimensionamento. E Gattuso – uomo società, apprezzato dai tifosi, senza troppe pretese personali – è il profilo ideale per far buon viso a cattiva sorte. Prudenza avrebbe voluto di aspettare il termine della stagione, ma Fassone e Mirabelli l’hanno blindato subito, prima che fosse troppo tardi, forse proprio per evitare di trovarsi nella posizione di dover prendere una decisione fra un paio di mesi.
Se il finale sarà deludente, senza rinnovo si sarebbe senza dubbio posta la questione della scelta del nuovo allenatore, con la piazza pronta ad invocare uno dei tanti grandi nomi liberi (a partire da Antonio Conte) per un nuovo corso, da convincere però a suon di milioni e investimenti sul mercato che non ci sono. Così, invece, comunque vada i giochi sono già fatti e Fassone e Mirabelli potranno concentrarsi sugli altri guai che assillano la società, dai richiami della Uefa sul fair-play finanziario alle incertezze finanziarie di Yonghong Li e l’ombra di Elliott. In fondo hanno ragione loro: non è certo Gattuso il problema di questo Milan.
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