Antonio Esposito negli anni scorsi ottenne 110mila euro dallo Stato perché dopo una condanna all’ergastolo in primo grado, era stato assolto con sentenza definitiva dall’accusa di avere ucciso un immigrato per futili motivi. Dalle rivelazioni di alcuni collaboratori di giustizia è poi emersa la sua responsabilità nel delitto, ma non potrà più essere processato, in base al principio del "ne bis in idem"
Antonio Esposito, presunto boss di camorra arrestato oggi nell’ambito di una inchiesta della Dda di Napoli, negli anni scorsi ottenne 110mila euro dallo Stato come risarcimento per ingiusta detenzione: l’uomo, dopo una condanna all’ergastolo in primo grado, era stato assolto con sentenza definitiva dall’accusa di avere ucciso un immigrato per futili motivi. Dalle rivelazioni di alcuni collaboratori di giustizia è poi emersa la sua responsabilità nel delitto, ma per questo Esposito non potrà più essere processato, in base al principio del “ne bis in idem”.
Ad Esposito, che è detenuto per un altro omicidio, il provvedimento restrittivo è stato notificato in carcere. Esposito, infatti, dopo essere stato scarcerato per il delitto dell’immigrato a Maddaloni (Caserta) fu arrestato nuovamente con l’accusa di avere ucciso il capo di una piazza di spaccio di Maddaloni che, durante la sua detenzione, aveva gestito autonomamente l’attività illecita, senza versare le percentuali al boss. È stato nell’ambito di quest’ultima indagini, coordinata da procuratore aggiunto Luigi Frunzio e dal pm della Dda Francesco Landolfi, che sono venuti alla luce sia il ruolo di primo piano rivestito da Esposito nel traffico di droga, sia le sue presunte responsabilità nel delitto dell’immigrato per il quale venne assolto.
Nel corso dell’operazione contro il clan Belforte di Marcianise (Caserta) sono state arrestate 19 persone. L’inchiesta è partita dopo l’omicidio maturato proprio nel contesto dello spaccio di droga di Daniele Panipucci, ucciso il 25 maggio del 2016 a Maddaloni con un colpo di pistola alla testa; per il delitto furono poi arrestati nel febbraio 2017 Antonio Esposito, Domenico Senneca e Antonio Mastropietro. Dalle indagini sul delitto e dal processo tuttora in corso è emerso, secondo gli inquirenti, che Panipucci fu ucciso perché non comprava più la droga da Esposito e Mastropietro. Questi ultimi, già allora era ritenuti elementi del clan Belforte. L’ordinanza eseguita oggi conferma il loro ruolo apicale come reggenti nella città di Maddaloni della storica cosca casertana; prima Esposito, quindi Mastropietro, hanno gestito la vendita della droga, ricevendo dai pusher, ogni settimana, una tangente dai 300 ai 500 euro.