L'annuncio, che ora è stato rimosso, è stato pubblicato sul sito della struttura e segnalato da una ricercatrice italiana che cura il museo di Manchester. Il fondatore: "La Regione ci ha dimezzato di anno in anno i contributi, abbiamo bisogno di liquidità per andare avanti"
Un museo che per finanziarsi vende, letteralmente, le sue opere. In questo caso i suoi frammenti, visto che si tratta del Museo del Papiro di Siracusa, ente privato creato nel 1987 e gestito dall’Istituto internazionale del papiro fondato da Anna Di Natale e Corrado Basile, due noti ricercatori del settore già in collaborazione con Il Cairo.
A rendere nota la vicenda, come riporta La Stampa, è stata Roberta Mazza, curatrice del museo di Manchester: “La notizia è apparsa in forma di pubblicità sulla pagina Facebook del mio collega Luigi Prada”, ha raccontato sul suo blog. “Abbiamo pensato a uno scherzo, ma sia la pagina Facebook che il sito del museo riportano la stessa notizia”.
Stupita del messaggio, inusuale per una museo, Mazza ha scritto “attraverso la Papy-list, la mailing list dei papirologi” alla direttrice Anna Di Natale, che le ha risposto che “il Museo del Papiro ha deciso di mettere in vendita alcuni papiri della propria collezione per reperire risorse per realizzare altri progetti”. Ora, però, quell’annuncio è sparito dalla bacheca del sito: sotto alla testatina che indica la stessa data e lo stesso autore del post originale c’è solo uno spazio bianco.
Il caso non è isolato: “Ricordo la vendita di alcuni papiri della collezione Bodmer al collezionista americano Steve Green e quella di alcuni papiri da Ossirinco da parte del Badè Museum of Archaeology di Berkeley ad almeno tre collezionisti privati”, ricorda Mazza. Ma un museo del papiro che vende i suoi papiri “rende la vicenda particolarmente surreale: mi chiedo che tipo di messaggio il museo pensi di trasmettere alle nuove generazioni, vendendo manoscritti antichi di cui dovrebbe essere custode. Il museo è spesso sede di convegni scientifici di Egittologia e Papirologia organizzati dall’Istituto Italiano per la Civiltà Egizia” aggiunge Mazza. “Cosa pensano i membri di questo istituto della vendita?”.
“Siamo obbligati, la Regione ci ha dimezzato di anno in anno i contributi. Vendiamo perché abbiamo bisogno di liquidità per andare avanti», ha confermato Corrado Basile. Come spiega alla Stampa Federico Bottigliengo, consulente dell’archivio storico della casa d’aste Bolaffi, “alcuni frammenti demotici vengono venduti a 100 dollari l’uno, ma si può arrivare a cifre più consistenti, come 10 mila euro per sette frammenti di un unico documento, sino agli oltre 60 mila per un papiro da un metro. Si tratta di reperti molto rari, praticamente introvabili sul mercato.
Sulla vicenda è intervenuto anche il vice sindaco di Siracusa Francesco Italia: “Questo tentativo di vendita è un grandissimo peccato perché spoglia la nostra città e la nostra regione di un patrimonio antico che appartiene all’intera comunità” ha affermato. “Anche se il Comune non ha una competenza diretta su questo museo, ci impegneremo per evitare questa vendita, chiedendo però a Basile di fare uno sforzo e progettare modelli di gestione differenti che non si basino esclusivamente sui finanziamenti pubblici“.