Anche Google ha il suo caso Cambridge Analytica. Mentre il Ceo di Facebook Mark Zuckerberg deve ancora “spiegare il ruolo della sua società” nella vicenda dei dati di 87 milioni di utenti usati a scopi elettorali dall’azienda di analisi britannica, a finire sotto accusa sul fronte privacy è ora Youtube. Un gruppo di 23 studi legali americani e associazioni a difesa dei consumatori sostiene che la piattaforma video di proprietà di Google raccolga i dati dei bambini per creare pubblicità mirata. Una pratica vietata in Usa per i minori di 13 anni.

Secondo la coalizione di organizzazioni che ha citato Youtube alla Federal Trade Commission, “Google ha tratto profitto nel conservare i dati di decine di milioni di bambini, una raccolta illegale andata avanti per anni“. In teoria i minori sotto i 13 anni non potrebbero neanche accedere a Youtube, perché i termini del servizio non lo permettono. Nella pratica basta utilizzare l’account dei propri genitori o iscriversi alla piattaforma – così come a tutti gli altri social network – mentendo sull’età. L’accusa è che nonostante Google fosse a conoscenza di questo fenomeno, “si sia concentrata sull’accumulo di enormi risorse per generare profitti invece di proteggere la privacy, proprio come Facebook”, ha dichiarato Jeff Chester, membro di una delle associazioni coinvolte.

Ma se da un lato sembra che Google abbia violato il Children’s online privacy protection act, la legge federale che disciplina la raccolta di informazioni su bambini al di sotto dei 13 anni di età, dall’altro la vicenda mette in discussione anche un altro ruolo. Quello dei genitori. Google non può verificare che gli utenti collegati alla sua piattaforma siano effettivamente chi dicono di essere, né può stabilire se siano gli effettivi titolari di quegli account. Google offre un servizio e pone delle regole. Sta poi agli utenti, nello specifico ai genitori, rispettarle e fare in modo che i propri figli minorenni non accedano a questi contenuti. In caso contrario, la società di Mountain View ha tutto il diritto di raccogliere i dati dei suoi utenti e farne ciò che è consentito dal contratto. Resta da capire – compito che spetta ora all’Antitrust statunitense – se Google fosse effettivamente a conoscenza del fatto che milioni dei suoi iscritti siano under 13 e quale uso sia stato fatto di quei dati. Secondo il gruppo di associazioni, la piattaforma è usata dall’80 per cento dei ragazzini dai 6 ai 12 anni. E quasi un bambino su due tra gli 8 e i 12 anni ha un profilo personale.

“Youtube non è pensata per i bambini, per questo abbiamo investito in modo significativo nella creazione della app Youtube Kids capace di offrire un’alternativa appositamente studiata per loro”, ha dichiarato in una nota un portavoce dell’azienda. Il riferimento è a una versione della piattaforma indirizzata specificamente ai bambini che però non ha mancato di attirare critiche: al suo interno sono stati rintracciati filmati violenti e scene con allusioni a sfondo sessuale. Uno scandalo cui Google ha risposto introducendo più controllori in carne ed ossa. “Non abbiamo ancora ricevuto la contestazione” si legge ancora nella nota, “ma proteggere i bambini e le famiglie è sempre stata e rimane una priorità per noi. Leggeremo nel dettaglio la contestazione e valuteremo se ci sono elementi in cui possiamo migliorare”.

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