Doveste trovarvi dalle parti di Quito, con una certa voglia di tranquillità a pace, c’è una strada che porta fuori dall’eccitante trambusto della capitale dell’Ecuador. Quasi un’autostrada per le dimensioni, bella, larga, tranquilla. C’è persino poco traffico. L’hanno costruita da poco, dove prima c’era una stretta e pericolosa strada di montagna. E dove, prima ancora, intorno al 1542, c’era solo un sentiero impervio su cui si era avventurato Francisco de Orellana, uno dei famigerati conquistadores spagnoli. Distrutta la civiltà azteca insieme a Gonzalo Pizarro, rapinato tutto l’oro possibile agli indios, si era spinto a cercare il mitico El Dorado, il leggendario luogo che doveva traboccare di oro e preziosi che la fantasia del tempo aveva creato. Da qualche parte doveva esserci visto che i re locali esibivano ricchezze straordinarie. Invece si trovò nello spettacolare ambiente delle Ande. Scavalcò con grande fatica un passo micidiale e si trovò davanti quella che oggi si chiama Amazzonia. Trovò un fiume, poi un altro e un altro ancora, che era il Rio delle Amazzoni, infinito, immenso. Non sapeva ancora che era lungo quasi 7000 chilometri ma lo percorse tutto con il suo piccolo esercito con barche di fortuna, per diventare protagonista inconsapevole di uno dei più straordinari viaggi mai compiuti.
Noi ci fermeremo prima, obbiettivo un piccolo villaggio che si chiama Papallacta diventato famoso per il complesso termale più particolare del mondo. E probabilmente, fino a smentita, più alto del mondo: 3300 metri. Leukerbad, la spa più alta d’Europa, Svizzera, cantone Vallese “si ferma” a 1400 metri. Praticamente pianura.
Uscire da Quito, in auto, rappresenta la classica impresa metropolitana di tutte le grandi città. Code, rumore, caos, se si parte di mattino presto c’è il traffico di chi si muove per lavoro, i bus degli studenti, i camion. Ma appena si supera l’intoppo ecco questa magnifica strada solitaria e piacevole. Non te l’aspetti, ma in realtà non dovrebbe essere una sorpresa perché le strade intorno a Quito (per esempio quelle dell’aeroporto) sono perfette. Sale con grandi curve tra le
montagne abbastanza brulle intorno alla capitale. Sul versante di Quito non piove troppo, verso l’Amazzonia tutto diventa più lussureggiante.
Sale sempre di più nonostante si sia partiti dai 2850 metri di Quito. Sale, sale senza tregua. Guardi l’altimetro del telefonino e le cifre scorrono inesorabilmente. Poche auto intorno, qualche camion, ogni tanto si supera un bus affaticato con la sua brava scia di fumo nero. A Papallacta ci si può arrivare anche con i bus locali. Peraltro efficienti e organizzati in un sistema efficace. Anche se pittoreschi. A Quito con un quarto di dollaro americano, si raggiunge la stazione di Quitumbe con un “Trolebus”, da qui i bus per l’Amazzonia sono frequenti. Un paio di dollari e un viaggio certamente speciale a Papallacta ci si arriva in un paio d’ore.
Le cifre dell’altimetro intanto inquietano. Tremila, tremilacinquecento, tremilaotto, quattromila, quattromila e cento. Diavolo. E’ il picco di Orellana, chissà che fatica fecero a quei tempi. Le alte quote sono faticose. Poi si comincia a scendere. Piano piano. Ogni tanto si incontrano case sparse, qualche piccolo agglomerato perché la gente ci vive normalmente qui. Poi qualche piccolo stabilimento termale, perché con tutti quei vulcani intorno l’acqua che bolle sbuca da tutte le parti. Infine le terme più scenografiche che si possano pensare. Una settantina di chilometri da Quito, quota 3300 metri. Guardi avanti intravedi la giungla amazzonica. E’ diverso questo versante dall’altro, quello verso la capitale. E’ più verde, con una vegetazione intensa. E’ il passaggio tra un ecosistema alpino all’ambiente tropicale.
Il complesso è composto da un hotel con 32 stanze, ristoranti (si mangiano le trote alla “plancha” pescate lì intorno e frutta o ortaggi coltivati “a metri zero”), il classico stabilimento termale per i vari trattamenti benefici, fanghi e tutto il resto, terapie assistite da professionisti con pietre calde, massaggi, aromaterapia, ci sono un paio di piscine con acqua a temperatura variabile tra i trenta e i settanta gradi che contiene solfato, sodio, calcio, cloro e magnesio. Si possono curare malanni muscolari, renali, respiratori e del sistema nervoso. C’è anche un torrente, il rio Loreto che scorre praticamente dentro il complesso, ci si fa un tuffo per rinfrescarsi dopo le piscine. Nel parco ci sono poi 12 bungalow arredati con cura e tra i bungalow una serie di piccole piscine alimentate con l’acqua termale a disposizione degli ospiti. L’acqua viene dalle viscere dei vulcani Cayambe e Antisana che troneggiano lì fuori. In pratica si esce dalle casette e ci si può mettere direttamente in un salutare ammollo a due metri dalla porta d’ingresso. E tra una casetta e l’altra una stupefacente vegetazione tropicale con magnifici fiori. Fiori strani, di tutti i colori e le fogge.
Il resto per rilassarsi completamente lo fa la natura intorno, il panorama, la vegetazione, gli incontri con la fauna locale. Perché le terme sono proprio al confine della riserva ecologica Cayambe Coca, un parco nazionale di 3700 chilometri quadrati, una delle 45 aree protette dell’Ecuador che ci tiene a conservare il suo patrimonio naturale. Questo significa passeggiate, escursioni più impegnative, anche a cavallo, perfino ascensioni sui picchi lì intorno. Tolleranza all’altitudine permettendo. Perché il mal di montagna è insidioso e sempre in agguato e può essere pericoloso. Così non sai se ti gira la testa per lo spettacolo o per la quota. Per questo alle terme funziona un servizio medico 24 ore al giorno. Sperando che non serva. Se serve i medici sono pronti a portati cuccume di tè alla coca, vecchio rimedio indio. Naturalmente legali.
Info: tutte le informazioni, costi, prenotazioni, sul sito ufficiale delle terme www.termaspapallacta.com; Email: termasuio@termaspapallacta.com. “Tour 2000” (via Martiri della Resistenza 95-Ancona) operatore storico per il Sudamerica organizza viaggi sia individuali che di gruppo in Ecuador. Contatti: www.tour2000.it; tel.071-2803752