Non ho mai votato Pd. Eppure sono di sinistra. Forse non l’ho mai votato proprio perché vengo dalla sinistra. Mi è sempre parso un partito nato morto: una fusione a freddo tra democristiani e quasi-comunisti nata male e finita peggio. L’ha spiegato più volte benissimo Massimo Cacciari, che poi però (chissà perché) lo vota sempre. Anche se gli fa schifo.

Ho votato più volte Italia dei Valori (Franca Rame al Senato, Luigi De Magistris alle Europee). Una volta, se non mi tradiscono i neuroni, ho votato pure Oliviero Diliberto (alla Camera nel 2006). Il Pd, mai. Mi metteva tristezza già con Walter Veltroni e non mi convinse neanche Pierluigi Bersani, sebbene rapportati a quelli di oggi paiano Marx e Gramsci.

Non ho mai votato Pd, eppure non ho nulla contro il Pd e ancor meno contro i suoi elettori. Ci mancherebbe altro. Ho invece tutto contro il renzismo, la più grande sciagura abbattutasi sulla sinistra dal Secondo dopoguerra a oggi. E saranno sempre imperdonabili quegli intellettuali, gli Augias-Zucconi-Serra-Moretti-Benigni eccetera, che son passati dall’antiberlusconismo a favor di telecamera all’appoggio – ora silente e ora convinto – a questo mix mefitico di incompetenza, supponenza e nulla. Im-per-do-na-bi-li.

Poiché non ho nulla contro il Pd, guardo sempre con interesse a tutto ciò che pare nascere di positivo dal suo interno. Non ho gridato al miracolo quando ho sentito il ventunenne avellinese Nicholas Ferrante, perché quando era giovane anche Deborah Serracchiani parve a tanti (a me no) una novella pasionaria. E poi, nel suo intervento per molti aspetti bello, Ferrante parlava con toni positivi di De Luca senior e ridimensionava il caso De Luca Junior.

Video di Manolo Lanaro

Mi ha invece colpito molto di più il discorso del 35enne Giuseppe Provenzano all’interno della giornata romana “Sinistra anno zero” di sabato scorso. Provenzano fa parte della direzione Pd. Ad ascoltarlo c’erano anche Gianni Cuperlo, Andrea Orlando, Cesare Damiano, Emanuele Macaluso, Enrico Rossi e Alfredo D’Attorre e per pochi minuti Maurizio Martina. Provenzano, a gennaio, ha rinunciato alla candidatura in polemica con Matteo Renzi per avere piazzato capolista la figlia del “signore delle tessere” democristiano Totò Cardinale.

Cito alcuni passaggi del suo intervento: “La notte della compilazione delle liste elettorali ci siamo comportati come gli altri partiti e Renzi ha fatto quello che voleva, ma se ci fosse stata una classe dirigente degna di questo nome non sarebbe dovuto accadere. Rispetto delle minoranze, regole interne, statuto: è saltato tutto. Pensa alla parità di genere, cos’è successo? Una vergogna (…) Che vergogna le risate sulle file ai Caf (..) Dirigenti che hanno fallito travolgendo anche la credibilità delle istituzioni. I giovani ci speravano nella ‘rottamazione’, ma i renziani al potere per l’Italia erano e sono l’establishment e non smettono di esserlo: élite in negativo e non in positivo. Hanno fatto polemica sul curriculum di Di Maio, ma scusate qual era il loro curriculum, quale il curriculum di Luca Lotti, dei famigliari, dei trasformisti che ha raccattato nelle liste elettorali?”.

Oggi anche Marco Travaglio cita Provenzano, ribadendo il suo invito a Di Maio a dialogare con (questo) Pd. Dissento, o per meglio dire sono d’accordo solo sulla teoria: il Pd a oggi è pressoché interamente renziano, ancor più in Parlamento, e dunque non ha alcun senso continuare a parlare di accordo tra Pd e M5S. Sono due mondi inconciliabili, separati da un livore ormai atavico e incancrenito. Si torni al voto alla svelta, con una legge elettorale degna, e finiamola lì: questa manfrina di veti e consultazioni è tanto pallosa quanto inutile. Il punto è un altro: esiste un futuro per il Pd? No, se il Pd resta questo. L’unica salvezza è che Renzi, con quattro o cinque anni di ritardo, se ne vada, faccia il suo partito da Macron dei poveracci e porti con sé quella sconfortante rumenta di “dirigenti” e tifosi. A quel punto, forse, quei dissidenti oggi coraggiosi come Don Abbondio potrebbero trovare una strada diversa. Anche solo vagamente di sinistra.

Mentre stamani riascoltavo l’intervento di Provenzano, in tivù c’era Genny Migliore a Coffee Break. Lo scarto era emblematico. Da una parte il desiderio di ripartenza di Provenzano. Dall’altro la protervia stolida del renzismo, che nulla impara dagli errori e continua a credersi stocazzo, nonostante il filotto di disastri che va avanti dal 2015. È sconcertante come, anche tra gli osservatori più smaliziati, non si voglia capire che fino a quando il Pd sarà dominato da ‘sta gente qua, non recupererà mezzo elettore.

Se esiste un futuro per il Pd, che da quando è nato non è mai stato altro che l’acronimo di una bestemmia stanca al cielo, quel futuro risiede nelle parole di Provenzano. Gli “Harambee” pipparoli dei Richetti dateli a Peppa Pig. Crescete una classe dirigente fatta di persone come Provenzano. Puntate su uomini e donne con un’idea nobile di Politica. Ripartite da zero, ma da zero sul serio, come vi consiglia da anni Tomaso Montanari. Radete al suolo quella cosa sporca chiamata renzismo. Tra il migliorismo colpevole di Napoletano e la questione morale di Berlinguer, smettetela una volta per tutte di scegliere vergognosamente il primo. E non abbiate paura, anche solo ogni tanto, di essere di sinistra. Vedrete che, così facendo, non solo recupererete molti elettori, ma vi sentirete pure meravigliosamente orgogliosi di voi stessi.

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