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Libia, Onu: “Torture e abusi nelle carceri gestite dalle milizie alleate di Al Sarraj”

Centinaia di corpi di individui presi e detenuti da gruppi armati sono stati scoperti nelle strade, in ospedali e discariche di rifiuti, molti avevano gli arti legati, segni di tortura e ferite da arma da fuoco, si legge in un report pubblicato dall’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani, che prende in considerazione fatti avvenuti dalla firma dell'Accordo politico libico (LPA) il 17 dicembre 2015 fino al 1 ° gennaio 2018

Migliaia di persone sottoposte a torture, abusi e altre violazioni dei diritti umani nei luoghi di detenzione gestiti da gruppi armati, “inclusi quelli alleati del governo” di Fayez Al Sarraj, alleato dell’Italia nel contenimento dei flussi migratori. Lo si legge un rapporto pubblicato oggi a Ginevra dall’Unsmil, la missione dell’Onu in Libia.

Nel Paese nordafricano, centinaia di corpi di individui presi e detenuti da gruppi armati sono stati scoperti nelle strade, in ospedali e discariche di rifiuti, molti avevano gli arti legati, segni di tortura e ferite da arma da fuoco: “Uomini, donne e bambini sono detenuti arbitrariamente o illegalmente privati della libertà in base ai loro legami tribali o familiari e la loro presunta affiliazione politica”, afferma il documento dell’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani, che prende in considerazione fatti avvenuti dalla firma dell’Accordo politico libico (LPA) il 17 dicembre 2015 fino al 1 ° gennaio 2018.

“Questo rapporto mette a nudo non solo gli orribili abusi e le violazioni subite dai libici privati ​​della loro libertà, ma il puro orrore e l’arbitrarietà di tali detenzioni, sia per le vittime che per le loro famiglie”, ha affermato l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Zeid Ra’ad Al Hussein. “Le vittime hanno scarsa o nessuna possibilità di far ricorso alla giustizia, mentre i membri dei gruppi armati godono di totale impunità“, si legge ancora nel documento. “Queste violazioni e questi abusi devono cessare – prosegue Al Hussein – e i responsabili di tali crimini dovrebbero essere perseguiti”.

“Piuttosto che controllare i gruppi armati e integrare i loro membri sotto le strutture di comando e controllo dello Stato, i governi che si sono succeduti hanno fatto sempre più affidamento su di loro per gestire la pubblica sicurezza, inclusi arresti e detenzioni, pagato loro i salari e fornito loro attrezzature e uniformi “, dice il rapporto. Di conseguenza, il loro potere è cresciuto senza controllo e sono rimasti liberi da un’efficace supervisione governativa.

Si stima che a partire da ottobre 2017 circa 6.500 persone siano detenute in carceri ufficiali supervisionate dalla Polizia Giudiziaria del Ministero della Giustizia. Non ci sono, invece, statistiche disponibili per strutture nominalmente sotto i Ministeri dell’Interno e della Difesa, né per quelle gestite direttamente dalle altre milizie. “Queste strutture sono note per torture endemiche e altre violazioni o abusi dei diritti umani”, afferma il rapporto. Ad esempio, la struttura di detenzione della base aerea di Mitiga, a Tripoli, ospita circa 2.600 tra uomini, donne e bambini, la maggior parte senza possibilità di avere contati con le autorità giudiziarie. Nella prigione di Kuweifiya, il più grande centro di detenzione nella Libia orientale, si ritiene che sia detenute circa 1800 persone.

“La prolungata detenzione arbitraria e illegale e le violazioni endemiche dei diritti umani in custodia in Libia – afferma il rapporto – richiedono un’azione urgente da parte delle autorità libiche, con il sostegno della comunità internazionale“. Che sostiene il governo guidato da Al Sarraj fin dalla sua nascita.