“Il mondo politico, ma anche quello dell’economia, non ha mai fatto attività di pulizia autonoma all’interno dei partiti. Ha sempre detto di aspettare le sentenze. Ed è ovvio che tutto viene scaricato sui giudici”. Sono le parole del presidente della II sezione penale della corte di Cassazione, Piercamillo Davigo, ospite di Dimartedì, su La7. “Una cosa può anche non essere reato, ma essere ugualmente riprovevole” – continua – “In Germania il presidente della Repubblica Federale si è dovuto dimettere perché aveva chiesto un prestito a un amico a un tasso lievemente inferiore a quello bancario. Un ministro tedesco ha rassegnato le dimissioni perché aveva copiato un pezzo di tesi di dottorato. Da noi non succede niente di questo genere”. E aggiunge: “Io sono rimasto impressionato in un dibattito con Giuliano Ferrara, il quale, al moderatore che gli chiedeva se per fare politica bisognasse avere capacità di ricatto, rispose con una cosa terribile: “No, per fare politica bisogna essere ricattabili, perché così si è disposti a fare fronte comune”. E’ una cosa che a me fa venire i brividi. Essere onesti dovrebbe essere una precondizione per servire il Paese. Se uno è un ladro, preferisco che stia a casa sua piuttosto che governarmi”. Davigo puntualizza: “Ho sempre pensato che la questione non stia tanto nelle persone quanto nelle regole. In Italia le regole aiutano a comportarsi male, a partire dal fatto che i partiti politici sono associazioni non riconosciute e al loro interno avviene qualunque cosa. Per anni” – chiosa – “ho raccolto dichiarazioni di politici rei confessi, i quali spiegavano che coi soldi delle tangenti compravano le tessere del partito, a nome di persone che non sapevano di essere iscritte. Cioè la carriera politica si faceva rubando”