di Francesco Montorio*
A 70 anni dalla sua entrata in vigore, la nostra Costituzione non sembra essere stata “onorata” dalla politica. Su questo blog, poche settimane fa, rievocandone il primo articolo, ci si chiedeva “Su quale ‘lavoro’ è fondata la nostra Repubblica?”. La risposta in alcuni esempi, poco rassicuranti.
Eppure i costituenti sono stati espliciti sul tema. Con quel linguaggio volutamente semplice per garantire una “chiarezza” (Piero Calamandrei) necessaria a rendere comprensibile a tutti i cittadini quelle norme che sono – ancora oggi – le fondamenta giuridiche del nostro essere comunità. Vediamole.
Già nel primo articolo si parla del lavoro (il termine ricorre 19 volte!) come fondamento della Repubblica, dell’Italia. All’art. 4 si configura il lavoro come diritto del cittadino e suo dovere – “secondo le proprie possibilità e la propria scelta” – e si precisa che la Repubblica “promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”. Agli articoli 2 e 3 si ribadisce che “la Repubblica (…) richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” ed è sempre “compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli (…), che, (…) impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori alla organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Ebbene, un terzo dei Principi fondamentali è dedicato proprio al lavoro. Principi ripresi in quasi tutto il Titolo III, dei Rapporti economici. All’art. 35 si ribadisce che “la Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme e applicazioni”. All’art. 36 si precisa che “il lavoratore ha diritto a una retribuzione (…) sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”; quindi a un lavoro che gli consenta ciò. Si evidenziano poi categorie che necessitano di maggiori attenzioni e tutele: donne, minori, inabili (artt. 37 e 38).
Persino il fondamentale art. 41 – “strattonato” nelle aule di tribunali del lavoro da molti avvocati “datoriali” – dopo aver sancito che “l’iniziativa economica privata è libera”, subito precisa che “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”. Sintesi perfetta di quando fin lì affermato e del concetto posto all’art. 36: lavoro e dignità del lavoratore, della persona. Concetti inscindibili. Con indicazioni attuative per la Repubblica declinate con accuratezza di termini: fondata, riconosce, tutela, promuove.
Evidente la sproporzione “quali-quantitativa” fra il pur fondamentale (ribadiamolo) art. 41 1°comma e tutti gli altri – artt. 1, 2, 3, 4, 35 etc. -, necessaria per la consapevolezza che in assenza di leggi coerenti, in una situazione di “parità giuridica” – come nel codice civile del 1942, artt. 2118 e 2119 -, si avallerebbe la “legge del più forte” nel palesemente impari confronto fra impresa e lavoratore. Del resto, come diceva don Lorenzo Milani: “Non c’è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali”. Semplice, chiaro.
Allora perché l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori è stato “svilito” prima (Fornero 2012) ed eliminato poi (Jobs Act 2015) creando il “lavoro a tempo indeterminabile” e formalizzando la precarizzazione?
Culmine di un percorso politico–sociale–civile e giuridico che ha tratto ispirazione, obiettivi e propulsione proprio dalla Costituzione, esso va inteso come norma fondamentale a tutela del lavoro e della dignità, limite ad arbitrii e sopraffazioni. Non come “semplicistica” difesa per “fannulloni” – il lavoro è anche un dovere, come affermato dall’art. 4 Cost. – o per “blindare” il posto di lavoro anche a fronte di reali crisi aziendali. Spesso bollato come “totem ideologico” è stato invece riconosciuto come una “buona e illuminata legge” anche da personaggi di notoria impronta liberale (Indro Montanelli). Non si può dire, poi, che abbia ostacolato la ripresa economica, come testimonia anche la crescita del reddito pro-capite dal 1970.
Si è eliminato un diritto che riguardava direttamente più di 6 milioni di lavoratori e solo poco più di 100.000 aziende, il 2,4% in un contesto prevalentemente di micro e piccole imprese. In questi ultimi anni si è sacrificata la dignità delle persone ricavandone una illusoria (e comunque diseguale) ripresa economica e occupazionale. Tutto in nome di una flessibilità che non garantisce occupazione mentre “crescono povertà e disuguaglianze”.
Presto la Suprema Corte si pronuncerà sulla illegittimità costituzionale del “contratto a tempo ‘indeterminabile’” del Jobs Act. In molti auspichiamo una sentenza in linea con lo “spirito della Costituzione”, apripista al completo ripristino dell’originario art. 18, ante Fornero 2012.
Il legislatore deve intervenire per ridare dignità alle persone nello spirito della Costituzione. Qualunque sarà lo scenario politico, occorre ora non “restare indifferenti”, “metterci l’impegno, la propria responsabilità” (Calamandrei), insomma fare tutti un grande lavoro!
* Funzionario di un importante gruppo aziendale, con una trentennale esperienza maturata presso società leader. Professional coach (diplomato ACSTH-ICF), ho tenuto docenze seminariali presso l’Università Insubria di Varese (Scienza della Comunicazione). Ho difeso la Costituzione col Comitato per il No di Milano, ora realizzo incontri per far conoscere la drammaticità delle leggi di Mario Monti e Matteo Renzi sui licenziamenti individuali e sostenere il ripristino dell’art. 18. Sono associato a Giuristi Democratici e Comma2.
Area pro labour
Giuristi per il lavoro
Lavoro & Precari - 11 Aprile 2018
Lavoro, qualcuno ricordi che la nostra Costituzione lo tutela. In tutte le sue forme
di Francesco Montorio*
A 70 anni dalla sua entrata in vigore, la nostra Costituzione non sembra essere stata “onorata” dalla politica. Su questo blog, poche settimane fa, rievocandone il primo articolo, ci si chiedeva “Su quale ‘lavoro’ è fondata la nostra Repubblica?”. La risposta in alcuni esempi, poco rassicuranti.
Eppure i costituenti sono stati espliciti sul tema. Con quel linguaggio volutamente semplice per garantire una “chiarezza” (Piero Calamandrei) necessaria a rendere comprensibile a tutti i cittadini quelle norme che sono – ancora oggi – le fondamenta giuridiche del nostro essere comunità. Vediamole.
Già nel primo articolo si parla del lavoro (il termine ricorre 19 volte!) come fondamento della Repubblica, dell’Italia. All’art. 4 si configura il lavoro come diritto del cittadino e suo dovere – “secondo le proprie possibilità e la propria scelta” – e si precisa che la Repubblica “promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”. Agli articoli 2 e 3 si ribadisce che “la Repubblica (…) richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” ed è sempre “compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli (…), che, (…) impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori alla organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Ebbene, un terzo dei Principi fondamentali è dedicato proprio al lavoro. Principi ripresi in quasi tutto il Titolo III, dei Rapporti economici. All’art. 35 si ribadisce che “la Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme e applicazioni”. All’art. 36 si precisa che “il lavoratore ha diritto a una retribuzione (…) sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”; quindi a un lavoro che gli consenta ciò. Si evidenziano poi categorie che necessitano di maggiori attenzioni e tutele: donne, minori, inabili (artt. 37 e 38).
Persino il fondamentale art. 41 – “strattonato” nelle aule di tribunali del lavoro da molti avvocati “datoriali” – dopo aver sancito che “l’iniziativa economica privata è libera”, subito precisa che “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”. Sintesi perfetta di quando fin lì affermato e del concetto posto all’art. 36: lavoro e dignità del lavoratore, della persona. Concetti inscindibili. Con indicazioni attuative per la Repubblica declinate con accuratezza di termini: fondata, riconosce, tutela, promuove.
Evidente la sproporzione “quali-quantitativa” fra il pur fondamentale (ribadiamolo) art. 41 1°comma e tutti gli altri – artt. 1, 2, 3, 4, 35 etc. -, necessaria per la consapevolezza che in assenza di leggi coerenti, in una situazione di “parità giuridica” – come nel codice civile del 1942, artt. 2118 e 2119 -, si avallerebbe la “legge del più forte” nel palesemente impari confronto fra impresa e lavoratore. Del resto, come diceva don Lorenzo Milani: “Non c’è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali”. Semplice, chiaro.
Allora perché l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori è stato “svilito” prima (Fornero 2012) ed eliminato poi (Jobs Act 2015) creando il “lavoro a tempo indeterminabile” e formalizzando la precarizzazione?
Culmine di un percorso politico–sociale–civile e giuridico che ha tratto ispirazione, obiettivi e propulsione proprio dalla Costituzione, esso va inteso come norma fondamentale a tutela del lavoro e della dignità, limite ad arbitrii e sopraffazioni. Non come “semplicistica” difesa per “fannulloni” – il lavoro è anche un dovere, come affermato dall’art. 4 Cost. – o per “blindare” il posto di lavoro anche a fronte di reali crisi aziendali. Spesso bollato come “totem ideologico” è stato invece riconosciuto come una “buona e illuminata legge” anche da personaggi di notoria impronta liberale (Indro Montanelli). Non si può dire, poi, che abbia ostacolato la ripresa economica, come testimonia anche la crescita del reddito pro-capite dal 1970.
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Presto la Suprema Corte si pronuncerà sulla illegittimità costituzionale del “contratto a tempo ‘indeterminabile’” del Jobs Act. In molti auspichiamo una sentenza in linea con lo “spirito della Costituzione”, apripista al completo ripristino dell’originario art. 18, ante Fornero 2012.
Il legislatore deve intervenire per ridare dignità alle persone nello spirito della Costituzione. Qualunque sarà lo scenario politico, occorre ora non “restare indifferenti”, “metterci l’impegno, la propria responsabilità” (Calamandrei), insomma fare tutti un grande lavoro!
* Funzionario di un importante gruppo aziendale, con una trentennale esperienza maturata presso società leader. Professional coach (diplomato ACSTH-ICF), ho tenuto docenze seminariali presso l’Università Insubria di Varese (Scienza della Comunicazione). Ho difeso la Costituzione col Comitato per il No di Milano, ora realizzo incontri per far conoscere la drammaticità delle leggi di Mario Monti e Matteo Renzi sui licenziamenti individuali e sostenere il ripristino dell’art. 18. Sono associato a Giuristi Democratici e Comma2.
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Roma, 13 mar. (Adnkronos Salute) - "L’anno scorso la Commissione scientifica ed economia del Farmaco dell'Aifa ha riclassificato, dalla diretta alla convenzionata, le gliptine, farmaci antidiabetici di largo utilizzo. È stata fatta questa riclassificazione sulla base di criteri scientifici. È una classe omogenea di farmaci, ci sono evidenze scientifiche, si è fatta un’analisi dell’impatto e a distanza di un anno possiamo dire che l’esperimento comunque ha funzionato. Effettivamente questi farmaci sono farmaci antidiabetici oggi molto utilizzati, sono di largo impiego, hanno un profilo rischio-beneficio estremamente favorevole, ma il fatto che si siano riclassificati ha portato anche a una maggiore aderenza terapeutica". Lo ha detto il presidente dell'Agenzia italiana del farmaco Robert Giovanni Nisticò nel suo intervento da remoto oggi, al ministero, per l'evento 'Farmaco accessibile: bilanci e prospettive. Un anno dalla norma' promosso dal sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato.
"Il diabete - ha proseguito Nisitcò - è una patologia comunque cronica, che può portare a molte complicanze, quindi favorire l’aderenza, attraverso appunto canali distributivi che vadano verso la prossimità del paziente, è sicuramente una cosa importante. Quindi anche la rivalutazione della farmacia, della farmacia territoriale per raggiungere meglio il paziente, quindi della medicina di prossimità, della sanità di prossimità è sicuramente una cosa importante. Certamente il fatto di aver riclassificato farmaci, da un contenitore già molto sotto pressione a un altro, ci deve dire che sicuramente da un lato possiamo alleggerire quello che è il peso, la pressione del payback farmaceutico, dall’altro però ci sono nuove criticità che dobbiamo tutti insieme affrontare, ad esempio l’impatto sulle Regioni".
L'Aifa "rimane disponibile in tutto questo scenario e noi siamo chiaramente un’istituzione pronta a dialogare con tutti, per far sì che queste disposizioni della Legge di Bilancio abbiano poi la loro finalità, da un lato verso la salute dei pazienti, dall’altro anche verso la sostenibilità del Ssn" ha concluso.
Roma, 13 mar. (Adnkronos Salute) - "I numeri parlano chiaro: 9 ,7 milioni di risparmi per il Ssn, e da maggio a novembre 2024 le farmacie territoriali hanno dispensato oltre 2 milioni di confezioni di farmaci antidiabetici a base di gliptine. Tradotto in termini significa milioni di accessi in più a farmaci essenziali, senza file in ospedale, senza doppi passaggi in farmacia per la distribuzione per conto, senza barriere burocratiche. Abbiamo semplificato la vita a centinaia di migliaia di pazienti diabetici, soprattutto anziani, che oggi possono ritirare le loro cure direttamente nella farmacia sotto casa". Lo ha detto il sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato, nel suo intervento oggi, al ministero, per l'evento 'Farmaco accessibile: bilanci e prospettive. Un anno dalla norma' .
"L'impatto economico del provvedimento è altrettanto significativo -sottolinea Gemmato - La spesa a carico del nostro Ssn è risultata inferiore rispetto a quanto si sarebbe verificato con la precedente modalità di distribuzione diretta e per conto, con un risparmio per il Ssn di 9,7 milioni di euro". Gemmato sottolinea l'importanza di quella che lui stesso definisce "una riforma gentile" che "consente al cittadino un migliore accesso alle cure e, di conseguenza, una migliore aderenza terapeutica", oltre "ad un risparmio per le casse dello Stato, mi sembra un ottimo risultato".
Sulla possibilità che altre classi di farmaci vengano riclassificate, come è successo per gli antidiabetici, Gemmato non ha dubbi: "Noi contiamo di spostare pezzo per pezzo - spiega - anno per anno, così come la legge prevede, con un monitoraggio di spesa, la maggior quantità possibile di farmaci, ma proprio per andare incontro al cittadino, ridurre il disagio, migliorare la compliance, l'adenza terapeutica". Ci sono alcuni farmaci che "ovviamente richiedono una dispensazione in ambiente protetto e controllato, quale è quell'ospedaliero, e quelli evidentemente non vengono toccati. Per tutta un'altra serie di farmaci, invece, si apre la possibilità dello spostamento e quindi anno per anno, con una logica di medio e di lungo periodo, sposteremo compatibilmente con il bilancio dello Stato, quindi tenendo sempre sotto controllo i conti dello Stato, sposteremo quante più categorie possibili".
Roma, 13 mar. (Adnkronos Salute) - "Rivedere il processo di distribuzione dei farmaci significa, poi, valorizzare il ruolo del farmacista nella promozione dell’aderenza terapeutica, contribuendo a una maggiore appropriatezza e costanza nelle terapie che nel caso dei tanti pazienti cronici, con più di una patologia, è molto significativo. Questo non solo migliora gli esiti clinici e riduce le complicanze, ma apporta benefici anche alla sostenibilità del servizio sanitario. Siamo quindi di fronte a un cambiamento atteso e, per molti aspetti, radicale, che richiede un monitoraggio costante. Dai dati il bilancio è positivo. La spesa per il Servizio sanitario nazionale risulta ridotta, offrendo margini concreti per proseguire su questa strada, con benefici tangibili per i pazienti". Lo ha detto il ministro della Salute Orazio Schillaci nel suo intervento oggi, al ministero, per l'evento 'Farmaco accessibile: bilanci e prospettive. Un anno dalla norma' promosso dal sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato.
"Proprio un anno fa ci siamo incontrati qui insieme a rappresentanti di istituzioni, società scientifiche, associazioni di pazienti e rappresentanti della filiera farmaceutica, per discutere questo significativo cambiamento: la possibilità per le farmacie convenzionate di dispensare farmaci precedentemente disponibili solo presso le strutture ospedaliere. Un passo in avanti che ha posto al centro le esigenze dei pazienti, semplificando il loro accesso alle cure - ha ricordato il ministro - Questo percorso ha radici lontane. Già nella precedente legislatura, grazie a un’indagine parlamentare promossa proprio dal sottosegretario Gemmato, era emersa la necessità di superare regole ormai datate, nate principalmente per contenere la spesa farmaceutica. Su queste basi è stata costruita la cornice normativa della Legge di bilancio 2024, con il coinvolgimento dell’Aifa e l’istituzione di un tavolo tecnico presso il ministero della Salute per monitorare gli effetti finanziari della misura e garantirne la sostenibilità".
"Le prestazioni farmaceutiche rappresentano un pilastro fondamentale dei Livelli Essenziali di Assistenza. Per questo, oltre all’analisi dell’impatto economico del provvedimento, è essenziale valutarne i benefici in termini di maggiore aderenza terapeutica, resa possibile da condizioni di accesso più semplice - ha aggiunto Schillaci - Le nuove disposizioni costituiscono un banco di prova della capacità del nostro servizio sanitario di innovarsi e rispondere con tempestività ai bisogni di salute cambiati dei cittadini. Abbiamo rafforzato il diritto dei cittadini ad accedere più facilmente ai farmaci; abbiamo risposto in particolare alle esigenze dei pazienti cronici e degli anziani che sono i principali fruitori della distribuzione diretta, e di chi vive nelle aree interne e più lontane dalle farmacie ospedaliere che osservano orari di lavoro limitati".
"Rivedere il processo di distribuzione dei farmaci significa, poi, valorizzare il ruolo del farmacista nella promozione dell’aderenza terapeutica, contribuendo a una maggiore appropriatezza e costanza nelle terapie che nel caso dei tanti pazienti cronici, con più di una patologia, è molto significativo. Questo non solo migliora gli esiti clinici e riduce le complicanze, ma apporta benefici anche alla sostenibilità del servizio sanitario", ha concluso.
Roma, 13 mar. (Adnkronos Salute) - Davvero positivo il bilancio della nuova modalità di distribuzione dei farmaci che ha trasferito la dispensazione di alcuni antidiabetici dall’ospedale alle farmacie territoriali. L'impatto della misura è stato tracciato oggi, al ministero della Salute, nel corso dell’evento 'Farmaco accessibile: bilanci e prospettive. Un anno dalla norma'. Promosso dal sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato, l'incontro è stato aperto dai saluti istituzionali del ministro della Salute Orazio Schillaci e del sottosegretario al ministero dell’Economia e delle Finanze, Lucia Albano.
"Lo scorso anno avevamo definito questa misura epocale e oggi possiamo dire con certezza che lo è stata davvero", afferma Gemmato, sottolineando l’importanza della riforma. "Abbiamo aggiornato un sistema fermo da oltre vent’anni, garantendo ai cittadini un accesso più rapido e semplice ai farmaci e migliorando l’efficienza della spesa sanitaria. I numeri parlano chiaro - evidenzia il sottosegretario - da maggio a novembre 2024, le farmacie territoriali hanno dispensato oltre 2 milioni di confezioni di farmaci antidiabetici a base di gliptine. Tradotto in termini concreti, significa milioni di accessi in più a farmaci essenziali, senza file in ospedale, senza doppi passaggi in farmacia per la distribuzione per conto, senza barriere burocratiche. Abbiamo semplificato la vita a centinaia di migliaia di pazienti diabetici, soprattutto anziani, che oggi possono ritirare le loro cure direttamente nella farmacia sotto casa".
L’impatto economico del provvedimento - riporta una nota - è altrettanto significativo. La spesa a carico del Servizio sanitario nazionale è risultata inferiore rispetto a quanto si sarebbe verificato con la precedente modalità di distribuzione diretta e per conto, con un risparmio per il Ssn di 9,7 milioni di euro. "Abbiamo dimostrato - sottolinea Gemmato - che innovare non significa solo migliorare i servizi, ma anche ottimizzare le risorse pubbliche. Con questa misura abbiamo reso il sistema più sostenibile, senza costi aggiuntivi per i cittadini e con vantaggi concreti per tutti gli attori coinvolti. Questo risultato è stato possibile grazie a un nuovo modello di remunerazione delle farmacie e a un sistema di scontistica - chiarisce - che ha visto il coinvolgimento sinergico di industria, farmacie e istituzioni, su impulso della politica. Senza entrare in tecnicismi, possiamo dire, con il supporto delle rilevazioni del Tavolo di monitoraggio della spesa, che i numeri ci danno ragione e confermano la validità della strada intrapresa".
Guardando al futuro, il percorso di riforma proseguirà con ulteriori passi concreti. "Abbiamo dato mandato ad Aifa di individuare nuove categorie di farmaci da riclassificare, così da ampliare ulteriormente i benefici per i pazienti e per il sistema sanitario - annuncia Gemmato - In particolare, in continuità con quanto deciso anche in seno al Tavolo per il monitoraggio della spesa, proporremo di includere altre classi di farmaci con caratteristiche simili a quelle già riclassificate, a partire da quelli senza brevetto scaduto". L’Agenzia del farmaco, come previsto dalla norma, avrà tempo fino al 30 marzo 2025 per rivedere il prontuario della distribuzione dei farmaci e proporre nuove transizioni dalla distribuzione diretta e per conto a quella convenzionata. Il tutto sarà poi sottoposto alla Commissione scientifica ed economica del farmaco (Cse) e al Consiglio di amministrazione dell’Agenzia.
Nel corso dell’evento sono state ascoltate anche le testimonianze dei pazienti, che hanno evidenziato i benefici tangibili della riforma, in particolare per chi vive in zone remote o con difficoltà di accesso alle strutture ospedaliere. "Questa misura è nata da un’intuizione politica, ma si è realizzata grazie al lavoro congiunto del Governo, delle Regioni, della rete delle farmacie e dell’industria - conclude Gemmato - Abbiamo dimostrato che, con il giusto approccio, è possibile innovare la sanità pubblica rendendola più moderna, efficiente e vicina alle reali esigenze dei cittadini".
Verona, 13 mar. (Adnkronos) - "Grazie alla delega del presidente Orsini alla Blue Economy e all’opportunità che il governo ha offerto con la nomina di un Ministro del Mare, in Confindustria abbiamo avviato un percorso sinergico che mira a un nuovo approccio di politica industriale strutturato su tre driver strategici: vettori e flotte, persone e competenze, infrastrutture e portualità. Serve un piano di investimenti per l’ammodernamento delle flotte, favorire l’adozione di tecnologie sostenibili e semplificazioni mirate per rendere la nostra bandiera competitiva, nonché sostenere il sea modal shift, spostando traffico su gomma dalla strada al mare". Così il presidente della Confederazione italiana armatori (Confitarma), Mario Zanetti, intervenendo a Verona, alla quarta edizione di LetExpo, la fiera di riferimento per trasporto, logistica sostenibile e servizi alle imprese promossa da Alis, in collaborazione con Veronafiere.
"Occorrono specifiche politiche sulla formazione - sottolinea - per soddisfare la nostra domanda di competenze e professionalità e così incidere sull’aumento di occupazione nella blue economy. Inoltre, penso che la riforma della governance portuale sia una grande opportunità per rilanciare il ruolo dell’Italia come hub logistico del Mediterraneo, migliorando la competitività e l’attrattività dei nostri porti e di conseguenza, del nostro Paese". Il presidente di Confitarma ha aperto il talk “Le prospettive per lo shipping e la portualità italiana” con uno speech che evidenzia la necessità, per l’Italia e l’Europa di adottare “un approccio proattivo e integrato per affrontare le sfide del settore marittimo”.
“Solo attraverso una collaborazione stretta tra industria, governo e istituzioni europee - puntualizza Zanetti - possiamo garantire la competitività e la sostenibilità della nostra flotta. Il futuro dello shipping e della portualità italiana dipende dalla nostra capacità di innovare, investire e adattarci ai cambiamenti globali”. Un settore composito, quello dello shipping, che “crea e porta valore". Un settore importante per l’economia italiana, lo confermano i numeri: “Parliamo di un ecosistema che vale quasi 180 miliardi di euro di valore complessivo e rappresenta quasi il 10% del Pil nazionale, oltre 230 mila imprese e più di un milione di occupati, che valgono circa 4 punti percentuali dell’occupazione nazionale - enumera Zanetti - Oltre il 60% dell’interscambio commerciale italiano avviene via mare, dimostrando la strategicità del settore marittimo”, sottolinea.
Zanetti si focalizza anche sulla necessità di “semplificare l’ordinamento marittimo nazionale e intervenire concretamente sulle politiche europee, come Ets e Fuel Eu Maritime, bilanciando sostenibilità e competitività” nell’ottica di “affrontare le sfide future ed evitare il flagging out verso registri navali più attrattivi e sostenuti a livello europeo”, dice.
Poi un passaggio sullo scenario globale: “Restrizioni imposte dalla guerra nel Mar Nero, crisi migratorie e conflitti nel Mediterraneo, attacchi Houthi nel Mar Rosso, conflitto Russo-Ucraino, e le recenti barriere commerciali imposte dagli Stati Uniti - ricorda - In questi scenari geopolitici, considerando che il 95% delle navi mercantili mondiali viene costruito ormai da tempo fuori dall’Europa, è urgente un ripensamento delle politiche industriali europee di sostegno alla competitività delle imprese marittime anche dal punto di vista della costruzioni di navi, che includa anche un nuovo Green Deal - avverte - L’Europa e l’Italia possono svolgere un ruolo di leadership, favorendo politiche che consentano alle imprese di accompagnare la transizione energetica, ambientale e digitale in maniera efficace, così da sostenere anche la flotta esistente”, le sue parole.
Parigi, 13 mar. (Adnkronos) - La regina Camilla ha inviato una lettera a Gisele Pelicot, la donna francese che il marito ha fatto violentare per anni da decine di uomini, per "esprimerle la sua solidarietà ai massimi livelli". Lo ha riferito a Newsweek un collaboratore reale, aggiungendo che la sovrana, che lavora da anni per le vittime di violenza domestica, ha voluto riconoscere "la straordinaria dignità e il coraggio" della donna francese.
Dominique Pelicot ha ripetutamente drogato e violentato la moglie Gisèle per quasi un decennio, ha reclutato decine di uomini per fare lo stesso e ha filmato più di 200 di queste aggressioni in un caso che ha sconvolto la Francia e il mondo. E la regina "è rimasta profondamente colpita da questi fatti e dalla straordinaria dignità e dal coraggio di quella donna nel render pubblica la sua vicenda", ha affermato la fonte. "Naturalmente, ha contribuito a mettere in luce un problema sociale molto significativo, nonostante tutte le sofferenze personali che aveva attraversato".
"Quindi - prosegue la fonte reale - come sostenitrice di lunga data delle vittime di abusi domestici e sessuali, la regina ha scritto in privato a madame Pelicot, determinata a esprimerle al massimo il proprio sostegno." La lettera è un esempio del modo in cui Camilla intenda fare a livello globale ciò che fa regolarmente in Gran Bretagna - scrive il Newsweek - come dimostra la visita del 6 febbraio a Brave Spaces, a Exeter, nel sud-ovest dell'Inghilterra. L'organizzazione benefica spera di trovare una sede permanente, ma al momento offre supporto alle vittime di violenza domestica da una stanza sul retro del CoLab, uno sportello unico che fornisce servizi di supporto a una moltitudine di persone vulnerabili.
Quando la busta con il sigillo della famiglia reale britannica è arrivata insieme a migliaia di lettere di sostegno, la signora Pelicot "era sbalordita, commossa e molto orgogliosa di vedere che era riuscita a portare la sua battaglia fino alla famiglia reale britannica", ha detto a Le Monde l'avvocato della donna, Antoine Camus.
Il processo per stupro di massa, durato tre mesi in Francia lo scorso autunno, ha visto 51 uomini condannati per un totale di 428 anni. L'elettricista in pensione Pelicot è stato incarcerato alla pena massima di 20 anni. La 72enne, che The Independent ha definito la donna più influente del 2025, ha coraggiosamente scelto di rinunciare all'anonimato durante il processo che si è svolto nel villaggio di Mazan, nel sud-est della Francia.
Tel Aviv, 13 mar. (Adnkronos) - "In merito all'accusa del sangue pubblicata dalla 'Commissione d'inchiesta': è uno dei peggiori casi di accusa del sangue che il mondo abbia mai visto (e il mondo ne ha visti molti). Accusa le vittime dei crimini commessi contro di loro. Hamas è l'organizzazione che ha commesso orrendi crimini sessuali contro gli israeliani. È davvero un documento malato che solo un'organizzazione antisemita come l'Onu potrebbe produrre". Lo ha scritto su X il portavoce del ministero degli Esteri israeliano Oren Marmorstein.