Alice Rohrwacher (Lazzaro felice) e Matteo Garrone (Dogman) in corsa per la Palma d’oro, Valeria Golino (Euphoria) in concorso ad Un Certain Regard. Ecco gli italiani finora ufficializzati al 71° Festival di Cannes: una fiaba di “piccola santità senza miracoli” (Rorwacher), il racconto di un uomo che s’illude di riscattarsi (Garrone), la vita di due fratelli così lontani e così vicini (Golino). Fra i portabandiera nazionali largamente previsti non compare, tuttavia, Paolo Sorrentino, il cui Loro pare essere il grande assente dalla selezione del festival francese, accanto al cinema americano presente con solo due concorrenti (Spike Lee e David Robert Mitchell). “Ci ha fatto dubitare la modalità di distribuzione in Italia del film, prevista in due parti e la cui prima (Loro 1) uscirà precedente al Cannes (il 24 aprile), comunque è una questione ancora in progress” ha spiegato Therry Frémaux, il potente delegato generale della kermesse. La selezione, infatti, non è ancora completa e come ogni anno ci saranno ulteriori titoli, sia del concorso (finora composto di 18 film) sia fuori. Fra i non ancora annunciati, peraltro, si attendono anche i nuovi lavori della “persona non grata” Lars Von Trier e il ventennale progetto di Terry Gilliam The Man Who Killed Don Quixote.
Sulla “questione Sorrentino”, di cui certamente si parlerà ancora e a lungo, in effetti, c’è poca chiarezza a fronte di precedenti che invece non furono esclusi, come Novecento di Bertolucci che andò a Cannes in un film unico e poi uscì nelle sale in due atti. Ma era il 1974, altri tempi, altra governance. Tra le spiegazioni date da Frémaux c’è anche l’intenzione molto chiara fin dalle prime parole della conferenza stampa di puntare sul futuro, sui giovani cineasti o quantomeno su autori mai pervenuti a Cannes. E infatti, concentrandosi sui presenti più che sugli assenti, diversi dei “volti” che vedremo sulla Croisette dall’8 al 19 maggio, sono semi-sconosciuti. Questi in gran parte in Un Certain Regard ma anche qualcuno del concorso principale, come l’esordiente egiziano A.B. Shawky (Yommeddine). Una competizione dai tratti molto “asiatici”, con ben 7 titoli realizzati fra il Medio e l’Estremo Oriente, a partire dal film di apertura già annunciato diretto dall’iraniano Asghar Farhadi, Todos los saben. Con lui anche il connazionale Jafar Panahi (Three Faces) notoriamente impossibilitato a uscire dal Paese (“stiamo lavorando con la diplomazia per farlo venire a Cannes, non dobbiamo essere provocatori ma aperti al dialogo”), la libanese Nadine Labaki (Capernaum), il talentuoso cinese Jia Zhang-ke (Ash is purest white), i due giapponesi Hirokazu Kore-eda (Shoplifters) e Ryusuke Hamaguchi (Asako I & II), il coreano Lee Chang Dong (Burning) ma anche il cinese Wang Bing con il documentario Dead Souls posto fuori concorso di ben 8h15’. A fronte di un tale esercito asiatico i grandi assenti – si diceva – sono gli Stati Uniti: se Spike Lee con Blakklansman farà certamente parlare di sé raccontando la storia di un poliziotto African-american infiltrato nel Ku Klux Klan, il detective di Mitchell (Under the Silver Lake) interpretato da Andrew Garfield avrà a che fare con una storia mistery.
Francia naturalmente molto presente sulla Croisette: l’indiscusso maestro Jean-Luc Godard (Le livre d’image) è la punta di diamante “locale” di una squadra che vede anche Stéphane Brizé (At War), Christophe Honoré (Sorry Angels) e la semi-esordiente Eva Husson (Girls of the Sun), la terza cineasta donna in concorso con la nostra Rohrwacher e la libanese Labaki. “Vorremmo un’altra Palma d’oro donna dopo l’unica finora vinta da Jane Campion!” ha esclamato Fremaux, rispondendo a chi polemizzava sulle sempre poche entry femminili a Cannes. “La proporzione di registe donne esistenti rispetto agli uomini è assai minoritaria, questo lo sapete, e vale anche come effetto sulle selezioni. Noi di questo ci occupiamo, per quanto riguarda tutte le altre questioni di difesa dei diritti e di non violenza, invitiamo ogni associazione a venire a Cannes e parlare, non siamo indifferente al terremoto post Weinstein”. Ci sarà spazio anche per l’Est europeo con il talento del polacco (già premio Oscar per Ida) Paweł Pawlikowski (Cold War) e il dissidente russo agli arresti domiciliari (“cercheremo di farlo venire”) Kirill Serebrennikov, già regista teatrale che porta sulla Croisette Leto un film in b/n sul rock ai tempi di Breznev.
A far compagnia a Ron Howard col suo spin-off di Star Wars “Solo”, il fuori concorso vedrà anche fra i più noti il ritorno di Wim Wenders con un documentario su Papa Francesco, Pope Francis, A Man of His Word. E non ci sono dubbi sul mare magnum mediatico che questo progetto si porterà addosso. Le star non mancheranno, ovviamente. Ma poche americane, of course. D’altra parte Frémaux sembra puntare altrove a questo giro. Forse anche perché arreso di fronte alla supremazia veneziana (e di Toronto) sugli States che da anni preferiscono queste vetrine pre-autunnali ghiotte per gli Oscar. Ma “le festival” ha le sue cartucce mediatiche: tante le novità già sotto polemica accesa. Tra queste il divieto assoluto di fari i selfie sulla Montée de Marches: “Non è bello fare le foto di se stessi, Cannes è basata sul segreto, sul desiderio, sulla eleganza, noi prendiamo distanza dalla pratica del selfie perché danneggiano i red carpet . A Berlino e Venezia la gente non entra sul red carpet, da noi sì. Meglio che ci guardiamo negli occhi che non attraverso il telefono” è il commento di Frémaux. Ma non solo. Da quest’anno saranno bandite anche le anticipate stampa dei film “gala” e anche se questa notazione è di interesse per gli addetti ai lavori, porterà non poche difficoltà a chi dovrà lavorare al festival. Ultima nota ma solo in termini cronologici va a Netflix, i cui film sono banditi dalla selezione se non prevedono una distribuzione nelle sale, specie quelle francesi. “Noi stiamo tentando di portare avanti un dialogo con Netflix, l’anno scorso abbiamo testato la loro buona volontà con due film in concorso. Purtroppo non accettano di lasciare il libero mercato per la distribuzione nelle sale e questo per noi è inaccettabile”.