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Siria, continua lo scontro Usa-Russia. Mosca: “Evitare escalation”. E Trump: “Attacco? Potrebbe essere presto o no”

Rimane alta la tensione tra Mosca e Washington, tra l'allerta dei sottomarini britannici, i tweet di Trump e il Cremlino che invita a "evitare passi" che possano compromettere la soluzione della crisi. Intanto le truppe di Assad hanno preso il pieno controllo della città di Douma insieme alla polizia militare russa

Rimane alta la tensione tra Mosca e Washington, tra l’allerta dei sottomarini britannici, i tweet di Trump e il Cremlino che invita a “evitare passi che possano provocare una escalation“. E’ Mosca a chiedere un diminuire della tensione a causa dell’influenza distruttiva che rischia di avere sull’intero processo per una soluzione della crisi. Il portavoce del Cremlino ribadisce, citato dall’agenzia Interfax, il senso delle parole pronunciate mercoledì da Vladimir Putin e conferma che il canale di comunicazioni militari, per la prevenzione di incidenti fra Russia e Stati Uniti, rimane aperto. Una replica all’avvertimento di Trump sul possibile invio di missili in Siria. Ma il presidente Usa ci ha messo poco per rispondere con un altro tweet: “Non ho mai detto quando un attacco alla Siria avrebbe avuto luogo. Potrebbe essere molto presto o non così presto! In ogni caso, gli Stati Uniti, sotto la mia amministrazione, hanno fatto un ottimo lavoro per liberare la regione dall’Isis. Dov’è il nostro ‘Grazie America?'”, ha scritto Trump.

Truppe di Assad entrano a Douma – Il presidente siriano Bashar al Assad è apparso poco fa sugli schermi della tv di Stato dopo un incontro ufficiale al palazzo presidenziale di Damasco, affermando che le minacce occidentali alla Siria rientrano nel piano di screditare “la lotta al terrorismo” compiuta dal governo siriano e dai suoi alleati, Russia e Iran. “Ogni volta che si compiono dei successi militari sul terreno, arrivano alcune potenze occidentali che cercano di cambiare gli eventi”, ha detto Assad.

Intanto le forze militari siriane hanno preso il pieno controllo della città di Douma. Lì dove l’escalation è cominciata l’8 aprile scorso, quando almeno 70 civili sono stati uccisi da un attacco con il sospetto uso di armi chimiche. Le truppe di Damasco hanno ora l’intero comando della Ghouta orientale, come ha comunicato il comandante russo Yuri Evtushenko, citato dalla Tass, ribadendo che unità della polizia militare russa saranno dispiegate a Douma a fianco di quelle del regime di Assad. La città di Douma era detenuta dal gruppo dei ribelli radicali di Jaysh al-Islam. Dalla fine di febbraio più di 4mila militanti hanno lasciato Douma, più di 165mila la Ghouta orientale e sono stati rilasciati più di 250 ostaggi, ha aggiunto Yevtushenko: “Si tratta di un evento storico nella storia della Siria”.

May allerta i sottomarini – Dalla Gran Bretagna, più precisamente dal Daily Telegraph, arriva invece la notizia che la premier Theresa May ha ordinato di spostare i sottomarini nel raggio d’azione missilistico per un’eventuale azione contro il regime siriano che “potrebbe cominciare già giovedì notte“. Secondo il quotidiano, May ha convocato per giovedì una riunione di gabinetto di emergenza. La premier non ha ancora preso una decisione definitiva sulla partecipazione di Londra a un intervento con gli alleati, ricorda il giornale, ma fonti governative affermano che sta “facendo tutto il necessario” per essere pronta a farlo.

Merkel e Marcron: “Preoccupati per armi chimiche” – La cancelliera Angela Merkel e il presidente francese Emmanuel Macron hanno avuto un colloquio telefonico, “per confrontarsi sulla situazione internazionale”. Lo ha comunicato il portavoce del governo tedesco Steffen Seibert. Hanno discusso soprattutto degli attuali sviluppi in Siria, si legge in una nota, “nella comune preoccupazione per i recenti attacchi con sostanze velenose e per il rischio di un’erosione del rispetto internazionale del bando delle armi chimiche”.

Telefonata Trump-Erdogan – Una telefonata c’è stata anche tra Trump e il presidente turco Recep Tayyip Erdogan per discutere proprio della crisi in Siria. La Casa Bianca ha pubblicato una breve nota: i due leader “hanno concordato di rimanere in stretto contatto sulla situazione”. Il primo ministro turco, Binali Yildirim, ha detto a Russia e Stati Uniti di interrompere la “rissa” sulla Siria. Turchia e Stati Uniti sono alleati Nato, ma le relazioni tra i due Paesi sono state tese per una serie di questioni, tra cui il sostegno di Washington alle milizie curde siriane, considerate da Ankara un gruppo terroristico. Negli ultimi mesi, la Turchia ha invece lavorato a stretto contatto con la Russia, nonostante le differenze. Ankara appoggia le forze ribelli alla ricerca della cacciata di Assad, mentre Mosca rimane l’alleato principale del regime di Damasco.

Segretario Nato: “No guerra fredda” – Nel dibattito interviene anche il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg: “La Russia è un nostro vicino e noi non vogliamo la guerra fredda“, ha detto in un’intervista alla Sueddeutsche Zeitung. “Non pensiamo di poter isolare la Russia. Nel confronto puntiamo su una doppia strategia: la difesa e l’intimidazione, combinate col dialogo. Se non parliamo gli uni con gli altri non possiamo né aggiustare le nostre strategie, né migliorare la nostra reciproca comprensione”. “Gli alleati si incontrano a luglio. Sarà importante mostrare a Mosca che ci sono delle conseguenze, quando la Russia si comporta come ha fatto in Crimea, quando si nasconde dietro cyberattacchi e viola regole internazionali”, afferma Stoltenberg.

“Con Mosca non c’è una guerra fredda, ma non esiste più la partnership cui aspiravamo alla fine della guerra fredda”, ha continuato il segretario generale Nato nella sua analisi, sottolineando peraltro l’attivismo nucleare di Mosca. “Vediamo un paese che si è fortemente riarmato. Un Paese che ha proceduto militarmente contro l’Ucraina, che ha messo le truppe in Moldavia e Georgia contro la loro volontà. Mosca sostiene il regime di Assad in Siria. E questo non è ancora tutto: la Russia sta modernizzando il suo arsenale nucleare e la soglia di inibizione nel farvi ricorso è in calo”.