Marco Cappato aveva fornito informazioni e assistenza logistica e finanziaria, mentre ad accompagnarlo in Svizzera per ottenere il suicidio assistito è stata Mina Welby. Entrambi sono stati rinviati a giudizio per la morte di Davide Trentini, 53enne malato di Sla, deceduto esattamente un anno fa in Svizzera col suicidio assistito. L’udienza preliminare, ha spiegato il tesoriere dell’associazione Luca Coscioni in un videomessaggio, è stata fissata il 31 maggio a Massa Carrara.
Trentini, ex barista della città toscana, che si era ammalato nel 1993 quando aveva 27 anni, ha scelto di andare a morire in una clinica di Basilea. Il giorno dopo la sua morte Cappato e Welby erano andati ad autodenunciarsi dai carabinieri di Massa, venendo poi iscritti nel registro degli indagati dalla procura. A ottobre 2017 l’avviso di chiusura indagini con la contestazione di aver rafforzato l’altrui proposito di suicidio e di aver agevolato l’esecuzione. A cercare i due esponenti dell’associazione Luca Coscioni era stata la madre di Trentini per conto del figlio: era stata lei a scrivere la prima email a Marco Cappato per chiedere aiuto per Davide, che voleva morire il prima possibile, visto che soffriva pene e dolori atroci.
Cappato, inoltre, sarà davanti alla Corte Costituzionale il prossimo 23 ottobre, affinché i giudici valutino la legittimità costituzionale del reato di aiuto al suicidio relativo al caso di Dj Fabo, che il 27 febbraio 2017 ha scelto il suicidio assistito nella clinica della Dignitas, in Svizzera. Per i giudici della Corte d’Assise di Milano l’esponente radicale non ha rafforzato il proposito suicidiario e la parte della norma che punisce l’agevolazione al suicidio senza influenza sulla volontà dell’altra persona è costituzionalmente illegittima.