IL PRIGIONIERO COREANO di Kim Ki-duk. Con Ryoo Seung-Bum, Lee Won-Geun, Choi Gwi-Hwa. Corea del Sud 2016. Durata: 114’ Voto 3,5/5 (DT)
Su un lembo di costa a cavallo del 38esimo parallelo che divide la Corea in due nazioni avverse. Un povero pescatore della Corea del Nord esce di casa di prima mattina in mezzo alla foschia e sale sulla sua barchetta per compiere il quotidiano lavoro. Solo che la rete s’impiglia nel motore e la barca in avaria, sospinta anche dalla corrente avversa, finisce nelle acque territoriali del Sud. Il pescatore verrà arrestato e sottoposto a duri interrogatori dai servizi segreti sudcoreani. Picchiato, offeso, costretto in ogni modo a confessare di essere una spia, finirà anche per essere “tentato” in una forzata passeggiata tra luci, vetrine e merce del mondo democratico. E se l’uomo resiste, e tutto sembra finire per il meglio, proprio in quella piccola e sgangherata casupola dove vive con le amate moglie e figlia, il ritorno al Nord sarà brutale e irragionevole tanto quanto l’involontaria “fuga” al Sud.
Affresco magmatico e circoscritto principalmente in interni (sotterranei con muri scrostati e vecchi poster di propaganda al Nord, rifiniture ipermoderne tirate a lucido a Sud) di un uomo senza nazione, ma con un unico vero anelito patriottico verso una Corea unica ed unita che non sia più macchina istituzionalizzata e oppressiva a Nord come al Sud. Kim riesce a far riaffiorare carsicamente e magicamente, pur in un testo tutto politico, i tratti distintivi di quella sua originaria poetica che spazia dallo strazio truculento della carne (L’isola, in primis) ad una sorta di innaturale e dirompente forza fisico-spirituale dei suoi protagonisti (ricordate Ferro 3?), riuscendo a proporre così un cinema denso, insinuante e tellurico, tanto da lasciare fino all’ultimo istante lo spettatore a trepidare per le sorti del povero pescatore dilaniato dall’eterno conflitto storico. Ryoo è semplicemente sublime.