Le spese delle famiglia italiane crescono più del reddito, i risparmi si assottigliano e il tasso di profitto delle imprese scende. Intanto, nel primo trimestre 2018, la crescita dell’economia rallenta (+0,2% contro +0,3% di un anno fa) e il rapporto debito-pil 2017 resta inchiodato al 131,8 per cento. Complice anche il peso dei salvataggi Veneto Banca e Popolare di Vicenza che hanno zavorrato i conti pubblici.

Lo scenario, offerto dall’analisi congiunta dei dati diffusi dall’Istituto nazionale di statistica e da Bankitalia, non è certo dei più confortanti. Tanto più che a febbraio il debito pubblico cala di pochissimo (100 milioni a 2.286,5 miliardi) prospettando ancora tempi duri per gli italiani che finiscono col consolarsi a tavola: dopo cinque anni di segno negativo torna infatti a crescere in maniera significativa la spesa nazionale di alimentari e bevande (+3,2%). Con una “svolta salutista”, come evidenzia la Coldiretti commentando dati Istat complessivamente non certo confortanti.

“Nel 2017 le famiglie hanno aumentato la spesa per consumi finali (+2,5% in termini nominali) in misura superiore rispetto all’incremento del reddito disponibile (+1,7%); di conseguenza, la propensione al risparmio delle famiglie scende al 7,8% (-0,7 punti percentuali rispetto al 2016)” spiega una nota dell’Istituto nazionale di statistica. Tutto questo anche a dispetto del fatto che, secondo l’Istat, la pressione fiscale sugli italiani si sia alleggerita: “L’incidenza delle imposte sul reddito disponibile è diminuita per famiglie e società non finanziarie, mentre è aumentata per le società finanziarie” prosegue la nota. In questo contesto, le imprese non fanno faville. Anzi: “il tasso di profitto delle società non finanziarie nel 2017 scende al 41,7% (-0,7 punti percentuali rispetto al 2016) e il tasso di investimento cresce al 21,1% (+0,9 punti percentuali)” prosegue la nota che evidenzia come il debito delle amministrazioni pubbliche scenda leggermente (-1,9 miliardi) ma sfiori ancora la soglia dei 40 miliardi.

I debiti dello Stato e delle amministrazioni restano dunque inevitabilmente il principale problema del Paese. Certo, come evidenzia Bankitalia nel bollettino “Finanza pubblica, fabbisogno e debito”, a febbraio il debito è sceso di 100 milioni attestandosi a 2.286 miliardi e le entrate sono aumentate di 29,4 miliardi. Ma i conti continuano a non quadrare anche per effetto della crisi delle banche venete. “Rispetto ai dati diffusi lo scorso 15 marzo, il dato relativo al debito del 2017 è stato rivisto al rialzo di circa 7 miliardi, principalmente a seguito dell’advice di Eurostat in merito al trattamento statistico dell’operazione di liquidazione coatta amministrativa di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca” precisa una nota di Bankitalia.

Nel dettaglio, l’operazione di salvataggio ha avuto “un impatto complessivo sul debito pubblico di 11,2 miliardi, dei quali 4,8 connessi con il trasferimento a Banca Intesa (effetto diretto) e 6,4 con la riclassificazione delle passività delle liquidazioni di Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca (effetto indiretto) – prosegue la nota – poiché i dati diffusi il 15 marzo includevano già l’effetto diretto, la revisione riguarda l’effetto indiretto (6,4 miliardi)”. In compenso, secondo Bankitalia, negli ultimi mesi, il credito alle imprese mostra segnali di decisa espansione (+2,1% a febbraio). E anche la qualità del credito è migliorata con un minor numero di incagli e sofferenze sul totale dei finanziamenti (14,5% al lordo di rettifiche di valore contro il precedente 17,6%). Quello che però Palazzo Koch ancora non dice è quale sarà il conto definitivo del risanamento bancario per le tasche degli italiani.

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