Nelle ultime ore la crisi siriana sta nuovamente degenerando. Dopo circa sette anni e dopo mezzo milione di vittime, si pensava che i signori della guerra avessero esaurito la loro brama distruttiva. Purtroppo non è così e ancora una volta ci giungono da Duma immagini raccapriccianti. Ed è proprio da quei corpi che vorrei far partire la mia riflessione.
Oramai la guerra in Siria si sta concludendo, Trump la settimana scorsa ha affermato che i 2000 militari statunitensi lasceranno a breve quella martoriata terra. Che convenienza in questo momento avrebbe Bashar Al Assad a usare delle armi chimiche? Già in passato era stato accusato di aver adoperato tali armi, ma in realtà prove concrete non sono mai state trovate. In realtà, come confermato anche da un documento del Massachusetts Institute of Technology, ad utilizzare le armi non convenzionali furono gli oppositori del presidente siriano. Non è da escludere che anche questa volta i responsabili siano da trovarsi in quell’arcipelago di estremismo islamico che l’Occidente ha foraggiato per colpire il presidente Assad. In Siria si è giunti a finanziare gruppi come Al Nusra (la al-Qaeda siriana), alla quale, in seguito, dinanzi ai crimini compiuti per poterla sovvenzionare legalmente, fu cambiato il nome in Jabath Fatah al Sam (agosto del 2016). Ad Al Nusra si affiancò il gruppo di guerriglieri dello Stato Islamico dell’Iraq (Isi). Pur di abbattere Assad (un presidente democraticamente eletto) si è finanziato e sostenuto (come avvenne in Afghanistan alla fine degli anni 70) il terrorismo islamico.
La ragione della guerra in Siria che non ci è stata raccontata è da ricercarsi principalmente nel rifiuto del 2009 di Assad, mirante a tutelare gli interessi dell’alleato russo, alla proposta da parte del Qatar di far transitare in Siria il suo gasdotto verso la Turchia (Qatar-Turkey pipeline). L’obiettivo era quello di vendere il gas all’Europa. Nonostante l’allergia al concetto di democrazia, l’Arabia Saudita e il Qatar sono fondamentali alleati degli Stati Uniti, questi ultimi auspicavano, tramite il gasdotto, di depauperare l’influenza russa in Europa. Ma Assad non si limitò a non accettare la proposta del Qatar: nel luglio 2011, Siria, Iraq e Iran si accordarono per costruire un gasdotto collegante South Pars in Iran (il più grande giacimento mondiale di gas naturale), alla Siria e dunque al Mediterraneo (Islamic pipeline). In nome di questi rapporti di forza e del relativo controllo delle vie del gas, il popolo siriano ha pagato un prezzo altissimo.
La storia si ripete e non dobbiamo dimenticare che le ultime aggressioni ad Afghanistan, Iraq e Libia nascono da fallaci pretesti. Intere aree geografiche sono state destabilizzate il che ha generato anche un’immigrazione incontrollata che ha prodotto una voluta guerra tra poveri. La politica estera italiana dinanzi a questi scenari e in virtù dell’art. 11 della Costituzione deve divenire più matura e indipendente. La situazione in Siria può degenerare, negli Usa a una parte di deep state non è andata per niente giù la sconfitta in Siria. Il Pentagono si è detto contrario al ritiro dei militari deciso da Trump. Un attacco Usa determinerebbe l’annunciata reazione di Putin. L’ambasciatore russo in Libano ha affermato che bombarderanno le basi militari da cui partiranno i missili. Tra queste ci potrebbero essere anche le nostre. Inoltre, un nostro sostegno ai raid porrebbe il nostro Paese a rischio attentati terroristici da parte di fanatici.
L’Italia resti fuori da questa guerra, chiedesse ispezioni serie ed indipendenti e rispettasse una regola fondamentale che è la non ingerenza negli affari interni di un altro Stato.
Non possiamo essere succubi di una politica estera mirante a distrarre l’opinione pubblica da scandali interni e veicolata su Twitter: “Russia stai pronta perché i missili arrivano, belli nuovi e intelligenti”. Una frase che sembra scritta da un adolescente problematico, invece è del comandante in capo delle forze armate più potenti della storia dell’uomo. Superiamo anche l’anacronistico binomio Russia-Stati Uniti: la nostra politica estera rispetti tutti gli alleati ma sia finalizzata agli interessi degli italiani. È giunto il momento storico di diventare un Paese indipendente e sovrano.