C’è un nuovo capitolo nel braccio di ferro tra procura di Genova e Lega per l’affaire dei soldi che gli inquirenti liguri hanno chiesto di sequestrare dopo la condanna di Umberto Bossi, ex segretario e rieletto deputato, e dell’ex tesoriere Francesco Belsito per truffa allo StatoDopo il blocco dei conti contro cui si era scagliato il segretario del Carroccio, Matteo Salvini, uno stop da parte del Tribunale, una decisione del Riesame, è arrivata il verdetto della Cassazione. La suprema Corte ha detto sì al ricorso presentato dalla procura di Genova che chiede di estendere il blocco dei fondi anche alle somme che arriveranno in futuro alla Lega. La II sezione penale, al termine dell’udienza a porte chiuse, ha annullato con rinvio al Riesame l’ordinanza con la quale i giudici genovesi avevano fermato il sequestro. Bisognerà attendere le motivazioni per capire quali saranno le indicazioni della Cassazione al Riesame che dovrà rivalutare il caso. La Cassazione ha anche rigettato il ricorso di Bossi contro il sequestro disposto nei suoi confronti.

Quando fu emessa il verdetto il tribunale di Genova dispose anche la confisca di 48 milioni di euro dai fondi della Lega Nord accogliendo la richiesta dei pm. Per l’accusa, nel periodo tra il 2008 e il 2010 sarebbero stati presentati rendiconti irregolari al Parlamento per ottenere indebitamente fondi pubblici. Denaro poi utilizzato in gran parte per le spese personali della famiglia Bossi. In quel processo erano stati condannati anche i tre ex revisori contabili del partito Diego Sanavio, Antonio Turci e Stefano Aldovisi (rispettivamente a due anni e otto mesi, due anni e otto mesi e un anno e nove mesi) e i due imprenditori Paolo Scala e Stefano Bonet (cinque anni ciascuno).

L’inchiesta era deflagrata nel 2012 e aveva portato alle dimissioni di Bossi e dei suoi fedelissimi. Belsito e i due imprenditori sono accusati anche di riciclaggio perché avrebbero portato oltre confine, a Cipro e in Tanzania, parte dei soldi illecitamente ottenuti. Il tribunale aveva anche stabilito, a carico dei condannati, il pagamento di quasi un milione di euro a titolo di provvisionale a favore di Camera e Senato, che si erano costituiti parte civile. Il Carroccio rischia quindi di subire nuovi sequestri. La decisione sarà presa dal Riesame del capoluogo ligure e occorrerà aspettare le motivazioni. Quel verdetto, in qualche modo, ha anche generato una nuova inchiesta per riciclaggio nata dall’esposto presentato a dicembre da Aldovisi, in cui sostiene che le gestioni di Maroni e Salvini abbiano utilizzato volontariamente e in parte occultato alcuni milioni dalla provenienza indebita. Il segretario della Lega si è sempre detto tranquillo e ha annunciato querela. A mfine marzo il settimanale L’Espresso aveva pubblicato un’inchiesta sulla presunta sparizione di soldi del partito, che secondo il magazine, sarebbero stati investiti illegalmente.  Anche in questo caso Matteo Salvini ha annunciato una querela.

A gennaio la Lega ha cambiato pelle creando un nuovo soggetto politico in capo a Salvini. Anche se Giulio Centemero, fidato tesoriere al FattoQuotidiano aveva negato categoricamente che quella fosse un’operazione per salvare la cassaforte leghista dai provvedimenti dei magistrati: “Figurarsi se lo abbiamo fatto per salvare i fondi dai sequestri del tribunale”. Il simbolo del Carroccio era passato da “Lega Nord per l’indipendenza della Padania” a “Lega per Salvini premier”, con cui poi l’aspirante premier per il centrodestra si è presentato alle elezioni. Nel frattempo è stato fondato, di fatto, un nuovo partito proprio con il nome “Lega per Salvini premier” con il quale poi dare vita ai gruppi parlamentari della legislatura appena nata, spogliando definitivamente la creatura fondata da Bossi. Dei 48 milioni però i giudici ne hanno recuperati poco più di due ed è su questo primo sequestro che è cominciato il braccio di ferro.

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