Il giudice monocratico del Tribunale di Bari Lucia De Palo ha condannato cinque persone, fra le quali l’ex senatore Luigi D’Ambrosio Lettieri, e ne ha assolte sei nel processo su un presunto giro di tessere false per il congresso del Pdl, celebrato a Bari nel febbraio del 2012. In particolare il giudice ha condannato a 17 mesi di reclusione e al pagamento di 550 euro di multa D’Ambrosio Lettieri, il suo collaboratore Giuseppe Casalino e all’epoca vicedirettore dell’ufficio postale del centro commerciale Mongolfiera al quartiere Japigia. L’allora consigliere comunale di Valenzano Francesca Ferri è stata condannata ad un anno di reclusione e un altro attivista, Michele Santorsola, ad otto mesi reclusione.
A tutti gli imputati, condannati a vario titolo per violazione della legge sulla privacy e appropriazione indebita, è stata concessa la sospensione della pena. Sono in totale 154 le persone che sarebbe state iscritte al Pdl a loro insaputa. Il giudice ha condannato i cinque imputati a risarcire 14 cittadini e la Lilt, costituiti parti civili nel processo.
Dario Papa si sarebbe appropriato delle carte d’identità di alcuni correntisti, procedendo a loro nome al pagamento dei bollettini necessari per l’iscrizione al partito. Ad occuparsi del pagamento delle quote, su istigazione di D’Ambrosio Lettieri, sarebbe stato Casalino. Francesca Ferri, invece, avrebbe utilizzato i documenti di alcune persone iscritte alla Lilt di Valenzano (Lega Italia per la Lotta contro i Tumori) di cui lei all’epoca era presidente. ù
Il giudice ha poi assolto “per non aver commesso il fatto” i referenti del partito in alcuni comuni della provincia, avvocati o titolari di un’azienda, che erano accusati di aver approfittato delle loro attività professionali per ottenere dati personali e documenti d’identità di ignari cittadini che poi sarebbero stati iscritti a loro insaputa al PdL. Tra questi anche il nipote del senatore, Ameglio D’Ambrosio Lettieri, difeso dall’avvocato Roberto Eustachio Sisto. “La vicenda doveva tutt’al più concludersi con un giudizio di riprovevolezza morale e politica per gli imputati, non con una sentenza di condanna per reati, peraltro difficilmente configurabili” ha dichiarato l’avvocato Fabio Campese, difensore di Francesca Ferri.