Ormai siamo talmente abituati all’indecenza da non farci più caso. Lo dico prendendo spunto da un fatto recentissimo che – a quanto pare – non ha suscitato particolari moti di indignazione e relative levate di scudi: l’evidente irritazione di Silvio Berlusconi verso un Matteo Salvini che gioca sempre più in proprio (sgomitando per conquistare la pole position in questa destra babelica e sgangherata) ha già fatto scattare collaudate contromisure; intese come intimidazioni e colpi bassi. Quella già visibile si traduce nel via libera al più inquietante “uomo di mano” alla corte dell’iper vendicativo sire di Arcore: Alessandro Sallusti.
Il ben noto cranio digrignante, perfetto alla bisogna nel riprodurre il minaccioso jolly roger dei pirati di Tortuga (oggi acquartierati nella sede redazionale de il Giornale), accreditato quale presunto opinionista in ogni talk show per la pelosa condiscendenza dei conduttori, ha già cominciato a sibilare la parola fatidica: “tradimento”; con annesso consiglio (da far scorrere un brivido gelido lungo la spina dorsale del destinatario) di stare bene attento a ciò che si fa.
Fortuna per il capo della Lega non avere proprietà immobiliari a Montecarlo. Solo un semi-proletario appartamento a Mulinetti, frazione costiera della ligure Recco. Ma lo scatenamento dei noti mazzieri mediatici – dal lugubre Sallusti all’avvolgente Nicola Porro; in attesa del maestro Vittorio Feltri, seppure ridotto a caricatura di se stesso – promette sempre di far saltare fuori qualche polpetta avvelenata con cui intossicare a scopo rieducativo un giovanotto in ascesa. Magari rinfacciandogli l’avvio di carriera – quale aspirante lider maximo della destra lepenista, sovranista, casapoudista – tra le fila dei cosiddetti “comunisti padani”. Al tempo in cui Umberto Bossi farfugliava di “porcilaie fasciste”.
Intanto, a fare contorno d’atmosfera, ha preso avvio pure il coro dei residui cantori berlusconiani sopravvissuti alla perdita di tocco magico del loro padrone. Con il gingle insopportabile della sacralità del voto che lo incorona. Argomento singolare per cronici spregiatori del principio democratico, barattato con il servilismo: sono note le manipolazioni che da sempre inquinano quel voto. Del resto, dall’ultimo parlamentare alla neo presidente del Senato, si tratta di una pletora di ennesimi “sdoganati” dall’impudicizia spregiudicata che li trasse da una condizione marginale per proiettarli nei lussi e negli ori parlamentari. Situazione strettamente vincolata al volere del datore di lavoro che impone di non sgarrare. Per cui ci si indigna a comando e si giura sulle parentele di una ragazzotta marocchina.
Spettacolo pietoso, vissuto con assoluta naturalezza da questi yes-men/women. E tanto vale per tanto i coristi come per i killer, i cui rispettivi compiti consentono di calpestare chi oserebbe praticare una scandalosa indipendenza. Tale agli occhi di chi ha scelto gli agi miserrimi della servitù volontaria.
Anni fa – scrivendo per Manifestolibri Fenomenologia di Berlusconi – avevo intervistato un sottosegretario di Forza Italia che si lasciò andare a raccontarmi un episodio rivelatore. All’inizio della “discesa in campo” berlusconiana furono arruolati un po’ di intellettuali per accreditare il progetto (poi rivelatosi una ciofeca) della rivoluzione liberale. Tra loro spiccava il filosofo ex trotzkista Lucio Colletti, che si aggirava tra i banchi della Camera con una perenne aria di disgusto. Interrogato sul perché fosse finito lì, rispondeva che “doveva pur farsi una pensione”.
Ma questo è niente, in quanto a indecenze; mentre i grandi leader dell’Occidente – i Donald Trump, le Theresa May – scatenano la sceneggiata “umanitaria” con qualche morto in Siria (non prima di aver avvertito il presunto nemico Vladimir Putin sul dove i loro missili colpiranno) per distrarre dalle proprie magagne casalinghe. Altrimenti non si spiegherebbe la loro reazione improvvisa dopo aver taciuto sul mezzo milione di morti e i sei di sfollati nel conflitto siriano. Non capiremmo l’indignazione per le decine di vittime a Ghouta e le spallucce per la ventina di palestinesi uccisi a Gaza.