La “bomba sociale” dei Piani di Zona di Roma produce nuovi ricorsi milionari. Almeno 500 famiglie sono pronte a fare causa al Campidoglio contro la delibera d’indirizzo approvata nei giorni scorsi dall’Assemblea Capitolina, atto che introduce sconti non retroattivi alla tassa sulle cosiddette “affrancazioni”. Parliamo della procedura – che oggi costa dai 15 a 50.000 euro – che permette di vendere al libero mercato appartamenti vincolati al “prezzo massimo di cessione”, pratica in atto dal 2016 e sulla quale l’intervento dell’Assemblea Capitolina produrrà sconti anche del 20-25%. Un ulteriore tassello che aggiunge elementi di indeterminatezza a un contesto già di per sé drammatico, figlio di una delle frodi immobiliari collettive più grandi della storia capitolina e che ad oggi coinvolge circa 200.000 appartamenti abitati da oltre 400.000 persone. Un romano su sette.
Una vicenda iniziata a cavallo fra gli anni ’70 e gli anni ’80, quando vennero realizzati in tutta la città 125 quartieri, il cui diritto di superficie – i terreni sono rimasti di proprietà comunale – fu ceduto a cooperative di cittadini a prezzi decisamente calmierati. Negli anni, sfruttando la compiacenza di gran parte dei facoltosi notai romani e l’indifferenza dei dirigenti capitolini, queste persone hanno venduto – e gli acquirenti a loro volta – gli appartamenti a prezzo pieno, sfruttando una dicitura non corretta secondo cui “per quanto riguarda la trasferibilità a terzi dell’alloggio non sussistono limitazioni o vincoli”. Il vincolo però c’è sempre stato, come affermato dalla sentenza 18135/2015 della Corte di Cassazioni a Sezioni Unite. Pronunciamento che scatenò il panico. Chi aveva acquistato a peso d’oro, con mutui ultra trentennali, si è ritrovato in mano immobili del valore di un box auto ed ha fatto causa al venditore, il quale a sua volta è finito sul lastrico. “Addirittura – racconta Massimo Pasquini, segretario nazionale Unione Inquilini – famiglie rimaste in affitto per 20-25 anni a 700 euro al mese hanno chiesto il risarcimento ai padroni di casa”, perché anche il prezzo di fitto doveva essere calmierato per legge. Bloccati in un colpo solo anche tutti i rogiti che vedevano la presenza di un piano di zona. Un vero e proprio dramma collettivo. Il 6 maggio 2016 una delibera dell’ex commissario Francesco Paolo Tronca ha introdotto la “sanatoria”, resa poi esecutiva a fine anno dall’ex assessore capitolino, Paolo Berdini. Ma qui sono sorti altri problemi. L’intervento del Campidoglio non si è tradotto in un semplice “liberi tutti”, bensì con la procedura dell’ “affrancazione” un nuovo motivo di business per le casse capitoline. La pratica, su cui finora si sono riversate finora oltre 4.000 famiglie con diversi livelli d’urgenza, costa dai 15.000 ai 50.000 euro, cifra molto spesso pari alla metà del valore vincolato dell’immobile.
Per due anni i comitati dei cittadini hanno cercato di far capire ai tecnici del Campidoglio la necessità di ottenere una scontistica, ad esempio decurtando gli oneri di urbanizzazione, già sostenuti dalle cooperative e pari al 20-25% della cifra stimata per la pratica. Il 10 aprile, finalmente, l’Assemblea Capitolina ha approvato la delibera proposta dal M5S – e dalla presidente della Commissione Urbanistica, Donatella Iorio – che tuttavia non consente alle oltre 500 famiglie che hanno già sostenuto i costi per l’affrancazione di beneficiare della detrazione, come vorrebbe anche la Corte dei Conti. “Erano due anni che ci battevamo per ottenere le detrazioni”, spiega a IlFattoQuotidiano.it l’avvocato Michela Scafetta, che segue la gran parte delle pratiche avviate dai cittadini e sostiene le battaglie dei comitati dei residenti. “Come dimostrano i verbali delle commissioni presiedute da Iorio e le discussioni pubbliche, sin dal 2016 avanzavamo la necessità di abbattere i costi per le affrancazioni, per molti insostenibili. Stiamo preparando i ricorsi, una vera e propria class-action”. Tenendo conto che le detrazioni valgono dagli 8 ai 12 milioni di euro, ecco che sul Campidoglio potrebbe abbattersi una nuova tegola da 6 milioni di euro.