Dallo scontro al gelo, fino al dialogo. Ci sono i primi tentativi di confronto tra il Partito democratico e il Movimento 5 stelle. E passano dai “temi”, come ha ripetuto spesso Luigi Di Maio. E’ stato il segretario reggente Maurizio Martina a scongelare ufficialmente i democratici: dopo un arroccamento durato settimane e dopo che i segnali di “ammorbidimento” registrati perfino da Calenda e prima ancora da Fassino e Serracchiani, ha rilanciato su facebook la necessità di “ripartire dalle proposte concrete“. Tre punti, in particolare: reddito di inclusione, famiglia, lavoro. Sembra il contatto decisivo almeno per far partire il confronto. I capigruppo M5s Grillo e Toninelli dicono subito che quella del reggente del Pd è “un’iniziativa utile” per il lavoro del comitato per l’analisi dei programmi che i Cinquestelle hanno affidato alla guida del professor Giacinto Della Cananea. “Abbiamo sempre detto che ciò che vogliamo fare è partire dai temi che interessano ai cittadini”. Martina ribatte subito che il programma del Pd “lo potevano leggere prima“. “Noi abbiamo fatto proposte concretizzabili diversamente dagli altri – aggiunge – di fronte a 44 giorni di un dibattito surreale tra presunti vincitori che se la cantano e se la suonano e ancora non sanno dare una prospettiva al Paese”. Anzi, in serata farà un ulteriore passo indietro: le tre proposte “fatte in questi mesi”, dice, “sono state subito strumentalizzate, ma noi siamo interessati a dare risposte agli italiani. Questa è la nostra alternativa all’orto di Salvini e al forno di Di Maio”. Ma “la sfida del Movimento 5 Stelle sui temi non dobbiamo guardarla con spocchia né pensare di avere risposte facili o custodi di una storia che fu”.
Ma aldilà dello scambio verbale che non rinuncia da entrambi i lati a un certo orgoglio di parte, quello che accade in queste ore rischia di essere quella “scintilla” che dia il via a una trattativa tra i partiti che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella si aspetta da un paio di settimane: se lo aspettava tra il primo e il secondo giro di consultazioni e se lo aspetta ancora in questi giorni, visto che ha lasciato altri giorni dopo la sua ultima uscita di venerdì. Una nuova comunicazione è attesa per domani: tutti i giornali parlano della possibilità che venga conferito l’incarico di un mandato esplorativo alla presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati. Uno scenario che però – ora dopo ora – è andato svuotandosi. Solo ieri il capo politico M5s Luigi Di Maio si è nuovamente scontrato con il segretario della Lega Matteo Salvini, dicendo che “aspetto ancora un po’, poi chiudo uno dei due forni”. Un modo come un altro per parlare ai democratici. E la dimostrazione che il dialogo possa cambiare rotta arriva da Salvini stesso che a DiMartedì: “Faccio un appello a Di Maio: basta dire io, io, io. Ci vediamo e ragioniamo di lavoro e di tasse”.
Ma è soprattutto dentro il Partito democratico che sta cambiando qualcosa. Cresce una sorta di fronte dei “responsabili”, di chi vuole “dare una mano al presidente Sergio Mattarella”. Che significa: se il Colle chiederà di contribuire a un esecutivo di riforme e interventi programmatici, loro non si tireranno indietro. Martina, dopo le parole dei colleghi, è intervenuto riportando al centro della scena i contenuti programmatici. Una mossa che non per forza dispiace ai 5 stelle che hanno appena istituito un comitato per valutare le sinergie programmatiche. “In Parlamento”, si legge nel post di Martina, “e nel Paese facciamo vivere le nostre battaglie e il nostro impegno quotidiano per un’Italia migliore. Ripartiamo dalle nostre proposte concrete, confrontiamoci con i cittadini a partire dai loro bisogni e dalle loro aspettative. Lasciamo ad altri tatticismi, scontri personali e di potere. Noi pensiamo all’Italia”. Quindi, ha elencato le “tre priorità Pd”. Intanto la povertà: “Allargare il reddito di inclusione per azzerare la povertà assoluta in tre anni e potenziare le azioni contro la povertà educativa”. Poi le famiglie: “Introdurre l’assegno universale per le famiglie con figli, la carta dei servizi per l’infanzia e nuovi strumenti di welfare a favore dell’occupazione femminile, per ridurre le diseguaglianze e sostenere il reddito dei ceti medi”. Quindi il lavoro: “Introdurre il salario minimo legale, combattere il dumping salariale dei contratti pirata anche valorizzando il patto per la fabbrica promosso dalle parti sociali. Tagliare ancora il carico fiscale sul costo del lavoro a tempo indeterminato per favorire assunzioni stabili con priorità a donne e giovani, norme per la parità di retribuzione dei generi”.
A far intendere che qualcosa era cambiato, è stata l’intervista di Carlo Calenda a Repubblica del 16 aprile. Il ministro allo Sviluppo economico, in passato tra i più critici su un dialogo con i 5 stelle, ha infatti rilanciato per primo l’idea di un “governo con tutti per fare le riforme”. Oggi, su Twitter, ha rinforzato il concetto e se l’è presa con le assenze di alternative fornite dai suoi: “Governino M5s e Lega. Continuiamo a ripeterlo come in una seduta di training autogeno. Ma cosa accade se non formano il governo? Abbiamo una proposta per il Paese? Perché se non l’abbiamo allora non stiamo facendo politica ma tattica. E così non si va da nessuna parte”. A chi lo contestava, ha quindi replicato: “Io penso di poter esprimere la mia opinione. Nessun ghe pensi mi. Si chiama partecipazione. Altrimenti perché fare politica? Poi è evidente che nel Pd non sempre è benvenuta, anzi. Ma questo non mi scoraggia per nulla, anzi”. Poi però commentando il titolo di Repubblica “I pericoli del governo di nessuno”, ha specificato: “Governo di tutti rischia di essere di nessuno (vero). Governo Lega M5s è pericoloso (giusto). Governo Pd M5S sbagliato (sono d’accordo). Pd non può stare alla finestra (vero). E quindi che si fa? Ai posteri l’ardua sentenza”.