Moglie di presidente, madre di presidente: una vita alla Casa Bianca. È morta all’età di 92 anni Barbara Bush, ex first lady moglie di George H. W. Bush e madre di George W. Le condizioni della donna si erano aggravate negli ultimi giorni a causa di alcune complicazioni polmonari e cardiache. Aveva deciso di rinunciare a tutte le cure e di tornare a casa dove è morta circondata dalla sua famiglia. Il marito ex presidente, ha fatto sapere in una dichiarazione il capo del suo staff, Jean Becker, “naturalmente ha il cuore spezzato per la perdita della sua amata Barbara”. “Le ha tenuto la mano tutto il giorno oggi ed era al suo fianco quando (lei) ha lasciato questa buona Terra“, ha aggiunto. Barbara Bush si era sottoposta a un intervento al cuore nel 2009, mentre nel 2017 una bronchite l’aveva costretta a ricoverarsi in ospedale. A breve saranno annunciati i funerali per Barbara Bush, che è sopravvissuta anche a cinque dei suoi sei figli e alle loro mogli, a 17 nipoti, sette pronipoti e al fratello, Scott Pierce. Per volere del presidente Donald Trump, la bandiera degli Stati Uniti rimarrà a mezz’asta fino al tramonto del giorno in cui verrà sepolta in tutti gli edifici pubblici, nelle basi militari e sulle navi.
La figura di Barbara Bush occuperà un posto importante nella storia della Casa Bianca. Richard Nixon l’ammirava perché “sapeva come odiare”, a differenza del marito George H.W. Bush, definito nella stessa occasione dal presidente del Watergate “un tipo insignificante”. Nelle ultime ore di vita, ha raccontato il figlio Neil, i parenti si sono alternati al suo capezzale a leggere brani delle sue memorie. L’ex first lady è stata lucida fino all’ultimo e ancora ieri, come raccontano i familiari, avrebbe avuto la forza di parlare al telefono e persino di bersi un bicchiere di bourbon. Per quattro anni, dal 1989 al 1993 era stata first lady, poi dal 2001 al 2009 madre di presidente. George W. Bush, il primogenito, non era però quello da lei destinato alla Casa Bianca: Barbara puntava su Jeb, il terzo dei sei figli ed ex governatore della Florida, che nel 2016 si è fatto clamorosamente battere dai rivali repubblicani. In questo ruolo di matriarca in una delle dinasty politiche più potenti d’America, Barbara Bush ha fatto la storia. “Silver Fox“, volpe d’argento, come l’avevano soprannominata i figli a causa della lingua tagliente e dei capelli prematuramente bianchi dopo la morte della secondogenita Robin di leucemia, aveva presentato sempre, nei quattro anni alla Casa Bianca (e anche dopo), una immagine burbera ma sorridente, moglie devota, madre esigente, nonna rassicurante. Quando il marito era presidente, Mrs. Bush fu contestata aspramente dalle studentesse di Wellesley, l’università femminile da lei frequentata: si era detta contenta di aver lasciato gli studi per seguire, nell’ombra, la carriera del consorte.
Fu un paradosso, dunque, quando a sfrattarla dalla Casa Bianca fu la ricetta di biscotti di Hillary Clinton, donna in carriera che disprezzava quelle che, come la rivale, erano rimaste a casa a “infornare pasticcini e offrire il tè”. Barbara Bush, come il marito, era una Wasp: figlia di un editore e rappresentante di quella classe dominante bianca e protestante che per secoli ha governato l’America. Essere moglie di un industriale del petrolio prima, poi di un uomo politico importante (Bush fu anche deputato, ambasciatore all’Onu e in Cina, direttore della Cia e per otto anni vicepresidente di Ronald Reagan) non aveva impedito a questa donna caustica e brillante di dire spesso la sua. George padre, detto “Poppy”, era un repubblicano moderato e lei ne aveva difeso le posizioni sull’Equal Rights Amendment, la legge sulla parità dei sessi, per poi esprimersi privatamente a favore del diritto all’aborto. Negli anni di Washington, Barbara Bush aveva però scelto il voto del silenzio su argomenti potenzialmente controversi, facendo parlare per lei la cagnetta Millie in un libro diventato bestseller a fini di beneficenza, e proiettando sull’opinione pubblica un’immagine di servizio umanitario sostanzialmente apolitico. Aveva teorizzato un messaggio tutto Casa Bianca, chiesa e famiglia: “Una first lady ha diritto di scelta, se vuole può anche decidere di lavorare, a patto che usi il cervello per capire se la sua carriera è in conflitto con quella del marito“.