Tra giugno e luglio del 2015 due società riconducibili ai genitori di Matteo Renzi, la Party e la Eventi 6 srl, hanno incassato quasi 200mila euro che non gli spettavano. Merito di due fatture false e, soprattutto, dei magheggi del faccendiere pugliese Luigi Dagostino. E’ quanto emerge dall’avviso di conclusione delle indagini che è stato notificato mercoledì 18 aprile a Laura Bovoli e Tiziano Renzi oltre che allo stesso Dagostino, dai pm fiorentini Christine von Borries e Luca Turco.
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, in particolare, i genitori dell’allora capo del governo si sono accordati con lo sviluppatore dei mall targati Kering (Gucci), per emettere la fattura più rilevante, quella da 140mila euro oltre all’Iva, relativa a uno studio di fattibilità che però “non era mai stato effettuato”. La fatturazione è stata piuttosto laboriosa visto che sono state necessarie almeno due bozze prima di arrivare alla versione definitiva che parla, come emerso nelle scorse settimane, di uno studio di fattibilità di un’area food nei pressi del Mall di Leccio Reggello. Inizialmente, invece, come testimonia uno scambio di email, gli indagati avevano pensato a motivare il pagamento con lo studio di una “struttura ricettiva alberghiera” e dei relativi supporti logistici, quindi avevano aggiunto il food e poi hanno deciso che sarebbe bastata la sola ristorazione che compare nella terza e definitiva versione della fattura.
Grazie poi all’intervento di Dagostino che ha fatto mettere in pagamento le fatture, la Bovoli e Renzi hanno ricevuto “un ingiusto profitto” ai danni della società che ha effettuato il pagamento. Cioè la Tramor. Quest’ultima era un’impresa riconducibile alla famiglia Moretti di Arezzo che è servita da contenitore per lo sviluppo del progetto di ampliamento del The Mall di Leccio Reggello e che, a fine lavori, a giugno del 2015, è stata ceduta al committente Kering. Dagostino ne era amministratore fino al passaggio di mano, ma secondo gli inquirenti ha “abusato di tale carica anche dopo le dimissioni, agendo quale ideatore ed esecutore materiale” di quella che, sempre secondo gli inquirenti, si configura come una truffa. Che è venuta a galla quando, a fine 2017, l’amministratore di Kering in Italia ha corretto la dichiarazione dei redditi presentata dalla Tramor per il 2015, dopo aver verificato che due anni prima era stata pagata una fattura “non supportata da adeguata documentazione, dato che non rinveniva né il contratto di affidamento a tale società (la Eventi6, ndr) né lo studio di fattibilità menzionato in tale fattura”.
Tecnicamente il pagamento era stato reso possibile perché Dagostino aveva fatto intervenire direttamente Carmine Rotondaro che l’ha mandato avanti “con estrema urgenza”. Il plenipotenziario di Kering in questo caso sarebbe stato “indotto in errore” sulla veridicità della fattura e avrebbe a sua volta indotto in errore il presidente di Tramor, Remì Leonforte. Rotondaro, tuttavia, è indagato sia a Milano (per truffa) che a Firenze (per appropriazione indebita) per vicende che riguardano sempre gli outlet e il gruppo di imprenditori e uomini d’affari che ruotano intorno a Dagostino. Ovvero, a parte i genitori dell’ex premier, il renziano della prima ora Andrea Bacci, i Moretti-Lebole di Arezzo e l’ultimo presidente di banca Etruria, Lorenzo Rosi.
Con questi ultimi, direttamente o indirettamente, il manager calabrese faceva affari in più vesti. Innanzitutto quella di committente, in quanto super consulente plenipotenziario di Kering, per conto della quale ha gestito, tra il resto, l’espansione degli outlet in Italia affidata appunto a Dagostino e ai suoi partner. Ma anche in veste di socio, seppure schermato dalle panamensi Tressel Overseas e Torrado Holdings di cui è proprietario e che hanno beneficiato a vario titolo dei piani di sviluppo della multinazionale francese del lusso partecipando, per esempio, al progetto di apertura di un The Mall a Fasano (Brindisi) dove ha avuto un ruolo, seppure di comparsa, anche Tiziano Renzi. Non solo. Successivamente, le società panamensi di Rotondaro hanno partecipato anche ad altri affari dei fornitori italiani di Kering, come l’acquisto dello storico Caffè Rivoire di Firenze o quello del Teatro Comunale già sede del Maggio Fiorentino.